martedì 22 dicembre 2015

Recensione "Per Turner Castle" di Giovanna Lenzi Tempestini

Mentre mi accingo a scrivere questa recensione scopro che su Amazon il libro non è più disponibile in nessun formato.

Ho acquistato l'ebook perchè la trama mi ispirava: contessa caduta in disgrazia costretta a vendere la magione a uno sconosciuto che le fa una proposta shock. Desidera sposarla non per amore ma per avere una persona affidabile che riporti all'antico splendore Turner Castle. Alla fine però il sentimento sboccia ostacolato solo dalle brutte esperienze di lei e da un vecchio segreto di lui.
Forse non il massimo dell'originalità ma se scritto bene un libro con questa trama può risultare eccellente (I promessi sposi sono un po' i progenitori di queste trame).
Ahimè il libro non ha soddisfatto le mie aspettative. Non solo per errori grossolani come "quando infine la POSSEDESSE con un desiderio misto a furore..." o "più presto del solito"o "fono", per forme dialettali come "e brigato perchè non accadesse..", per termini troppo ricercati come "abbiamo saltato il desinare...", per ripetizioni di espressioni come "fuori programma" ma anche per dialoghi che passano dall'essere troppo pesanti a troppo rapidi e privi di comunicativa.
Nel primo caso la protagonista, Amber, ripete più e più volte il suo stato d'animo o quello che le è capitato alla stessa persona (in particolare al suo amministratore che tra l'altro lo sa perfettamente) nella stessa scena; sembra un disco rotto anche perchè non c'è un' aggiunta di particolari nuovi o di emozioni non ancora espresse. E' sempre la solita minestra e nemmeno tanto bene riscaldata.
Nel secondo caso i dialoghi risultano sbrigativi e privi di comunicativa soprattutto quando a interagire sono i due protagonisti: Amber e Sean. La scrittrice non riesce a rendere l'idea del "detto non detto" perciò i confronti tra i due risultano spesso lasciati a metà. In più Amber ogni tanto sembra isterica: anticipa risposte a domande che non le sono state poste dicendo SEMPRE "prima che tu me lo chieda".
Sean pur essendo il protagonista ha un ruolo talmente marginale che ci si chiede quale sia il suo ruolo nella storia: il personaggio non è per nulla sviluppato. Le sue emozioni, i suoi sentimenti non esistono per tutto il libro ma solo nel frettoloso finale quando dal non volere una famiglia si ritrova innamorato e felice di diventare padre. Non c'è evoluzione, si passa da 0 a 100 in due facciate. Mentre spunti per far crescere il personaggio la scrittrice ne aveva parecchi (ad esempio l'incontro con Rick). L'oscuro segreto poi è al limite dell'assurdo, non sta in piedi per il semplice fatto che anche qui non c'è approfondimento. La Tempestini doveva trovare un segreto meno complesso o sviluppare meglio quello scelto.
In sostanza: l'idea era molto buona ma sembra che l'autrice si sia un po' persa per strada: un romanzo così richiede tempo e "fatica". In alcuni punti invece sembra che si tratti di un racconto breve modificato dopo averlo scritto.
Un peccato perchè con qualche accorgimento e con una rilettura pre pubblicazione il libro avrebbe incontrato sicuramente il favore dei lettori.

domenica 13 dicembre 2015

I romanzi devono essere finzione solo fino ad un certo punto

Ho sempre pensato e detto che per scrivere di certe emozioni bisogna averle vissute: che siano negative o positive, alcune sensazioni non possono essere descritte da chi non ci è mai passato. La banalissima frase "finchè non ci passi non puoi capire" è, per me, una verità ASSOLUTA.
Partendo da questo presupposto i miei libri sono permeati dalla mia essenza, dal mio vissuto, dalle mie esperienze, dal mio dolore e dalle mie gioie. L'ambientazione può essere di fantasia, i personaggi possono avere poteri da super eroi, la storia può essere ambientata nel futuro ma le emozioni devono essere reali.
Perchè scrivo questo?
Oggi ho finito di leggere un libro che ho aspettato per alcuni mesi e mi ha deluso. La scrittrice ha voluto, giustamente, entrare nella mente dei personaggi creati da lei senza aver vissuto le loro esperienze e di conseguenza senza aver provato il loro dolore, la loro rabbia, il loro smarrimento. Questo, purtroppo, ha rovinato tutto il libro che nelle intenzioni dell'autrice doveva essere marcatamente "psicologico".
Alla fine questa lotta tra i due protagonisti si riduce a una sorta di battibecco tra due bimbi che prima sono amici, poi litigano, in seguito fanno pace e così via fino alla fine del libro.
Il conflitto diventa quasi ridicolo e banale: alla fine lo SCONTATO e soprattutto, ben accetto, colpo di scena apre la strada al terzo capitolo della serie anche se, arriva troppo tardi. Dopo capitoli e capitoli di "ti prendo, ti mollo", "ti odio, ti amo" il finale non mi ha convinto nell'acquisto dell'ultimo capitolo.
Un peccato perchè l'autrice scrive bene: lo stile è accattivante, la storia è abbastanza originale. Il primo libro prometteva molto bene e mi ha spinto ad acquistare il seguito.
Lasciare la strada vecchia (azione) per quella nuova (introspezione) non ha premiato gli sforzi dell'autrice: ecco, la parola "sforzi" rende bene l'idea. Le emozioni sono FORZATE: è quello che ci si potrebbe aspettare i protagonisti provino ma è quello che si proverebbe VERAMENTE?
Bisogna scrivere di quello che si conosce intimamente non di quello che pensiamo si potrebbe provare: i romanzi devono essere finzione solo fino ad un certo punto.

lunedì 7 dicembre 2015

Recensione "La luce della notte" di Sherrilyn Kenyon

Ho finito il libro questa mattina, la delusione è cocente. L'ho aspettato parecchio e arrivata alla fine avrei voluto buttarlo via. Soldi sprecati, sul serio. Per le prime 80 pagine non succede assolutamente nulla, il niente assoluto: si parla solo di questo povero sfigato arrabbiato con il mondo perché tradito dalla sua famiglia (sveglia! Non sarai il primo, non sarai l'ultimo!). Quando la dea si rivela lui praticamente non batte ciglio; è così normale avere a che fare con Zeus e compagnia bella... Per cinque pagine assistiamo ad una sorta di zuffa tra 3 dei e un mortale che, ovviamente, ha la meglio sul dio. I dialoghi sono di una banalità disarmante, i pensieri dei protagonisti sono luoghi comuni triti e ritriti. Una sorta di pessimismo cosmico permane in tutto il libro. Alla fine, perché per fortuna c'è una fine, quando l'EMO depresso e incazzato dovrebbe scoppiare d'odio e di incredulità fa un'alzata di spalle e finisce tutto. Altra cosa che ha dell'incredibile: i protagonisti si innamorano follemente in un giorno! Hanno battuto qualsiasi record di qualsiasi libro! Cosa ancora più assurda se si pensa all'odio che l'uomo dice di provare nei confronti di tutta l'umanità. La domanda sorge spontanea: perchè scrivere una cosa simile? Non si sa. Mi è pure venuto il dubbio che il libro fosse stato scritto da qualche ghost writer depresso... Il libro non ha senso, è scollegato con il resto della trama e le chicche finali sono una peggio dell'altra.
Nota per la traduttrice: non ho letto la versione originale ma siamo sicuri che l'autrice oltre alla parola "cxxxo" non conosca altri termini per indicare l'organo genitale maschile? Volgare, ripetitiva...
Se, come me, avete letto tutti i libri di questa serie non potete non notare le differenze nella scrittura, nello stile, nella caratterizzazione dei personaggi.
In conclusione: libro inutile e noioso. Assolutamente sconsigliato.

giovedì 26 novembre 2015

Recensione "Le ombre" di J.R.Ward ATTENZIONE POSSIBILI SPOILER

596 pagine.
Arrivato lunedì pomeriggio, finito mercoledì sera: perfetto.
Il libro parte lento, l'autrice si sofferma su particolari, sulle persone, sulle sensazioni. Si intuisce che qualcosa andrà male. Che il lieto fine ci sarà ma non sarà completo ma, comunque, si spera fino all'ultimo di aver capito male.
Sono 87 capitoli, ho iniziato a piangere dal 59esimo.
La coppia principale sono Trez e Selena: la loro storia d'amore è vorace, veloce, ti consuma e ti distrugge. Alla fine mi sono posta la stessa domanda di Rhage: perché loro non sono stati "graziati"? Perché hanno dovuto subire un dolore così forte? Ma non c'è una risposta a questa domanda. Il pathos è presente in tutto il libro e nei momenti topici raggiunge la perfezione. La Ward ha la capacità di scrivere come se lei per prima avesse passato tutto quel dolore, come se l'avesse provato sulla sua stessa pelle. Ho amato questa coppia, soprattutto la forza di Selena: donna innamorata e condannata che fino all'ultimo non si da per vinta.
Mi sono piaciuti molto anche iAm e la Principessa ma sono contenta che non abbiano avuto un intero libro a loro dedicato: come coppia forse sarebbero troppo deboli.
Torniamo a Rhage: cosa sta succedendo al nostro cucciolo? Sappiamo che è di prossima uscita un libro su di lui ma sinceramente sono molto preoccupata. Questo malessere, questi attacchi di panico non mi piacciono per nulla. Sarà malato? Capiterà qualcosa a Mary? Possiamo solo sperare che anche in Italia il libro esca presto. Layla e Xcor?! Ok, è un Bastardo ma inizio a essere innamorata di lui, vorrei solo che Layla fosse più decisa: non mi piace molto ma non mi è mai piaciuta particolarmente. Throe spero sprofondi nelle viscere della terra: traditore due volte.
L'introduzione di nuovi personaggi mette molta carne al fuoco ma la Ward è brava a destreggiarsi tra i vari fili delle sue trame.
Ora veniamo alle note dolenti: la traduzione: pronomi personali sbagliati, maschi che diventano femmine e viceversa, parole tradotte con termini sbagliati (e sì che alla fine di ogni libro c'è il glossario). So che era stato scritto alla Rizzoli per correggere le storpiature della traduzione Mondolibri ma sembra che il suggerimento sia stato bellamente ignorato. Peccato perché rovinare un passaggio o una frase per la traduzione è un errore non perdonabile a una casa editrice importante e che si fa pagare un libro 18,00 €.
Vale la pena comprarlo? Assolutamente sì!!! Quando arriverete alla fine avrete voglia di rileggerlo.

mercoledì 25 novembre 2015

25 Novembre #stopviolenzasulledonne LETTERA A MIA FIGLIA

Ciao piccola mia,
ancora non sei nata e già sento il dovere di chiederti scusa.
Scusa perché per il mio egoismo ho scelto di farti nascere in un mondo marcio.
Scusa perché ti lascerò in eredità un sacco di giornate mondiali a favore di o contro qualcosa che non servono a nulla se non a ingrossare le tasche di qualcuno.
Scusa perché se fossi scesa di più in piazza forse qualcosa sarebbe cambiato.
Scusa perché dovrò spiegarti che non tutti gli uomini sono buoni ma che anzi da molti di loro dovrai difenderti.
Scusa perché dovrò insegnarti la violenza psicologica e fisica che spero tu possa non subire mai.
Scusa perché dovrò proibirti certe cose sapendo quali uomini girano per strada.
Scusa perché molte donne saranno le prime a difendere questi uomini appellandoti in tutti i peggiori modi possibili.
Scusa perché  dovrai combattere per i tuoi diritti.
Scusa perché dovrai sempre dimostrare il tuo valore.
Scusa perché dovrai sempre dimostrare che quello che hai ottenuto è stato per merito e non per il tuo bel viso.
Scusa perché non sempre riuscirò a spiegarti il motivo per il quale un uomo, magari incompetente, ti è passato davanti.
Scusa per quando vedrai al telegiornale o leggerai di un'altra donna uccisa o violentata o picchiata.
Scusa perché viviamo in un mondo nel quale è più importante una sfilata di moda o una partita di calcio piuttosto che i diritti di noi donne.
Scusa perché l'otto marzo è diventata una festa commerciale con le donne che si trasformano in maschi impazziti intorno a un manzo unto.
Scusa perché ti insegnerò il reale significato dell'otto marzo e per questo ti sentirai diversa dalle tue amiche.
Scusa perché ti proibirò di vestirti o truccarti in certi modi facendoti capire che non devi mettere in mostra nulla per essere amata e apprezzata.
Scusa perché dovrò insegnarti a difenderti e a fidarti di pochi.
Scusa perché in passato non sono stata abbastanza forte da non sottostare a violenze e soprusi.
Scusa perché non accetterò nessuno che non ti tratti con rispetto e amore.
Scusa perché ti insegnerò a non sentirti inferiore a nessuno.
Scusa perché mi trasformerò in una belva appena qualcuno oserà solo pensare a farti del male.
Scusa perché sono costretta a scriverti questa lettera.

Oggi è il 25 Novembre 2015, nella giornata mondiale contro la violenza sulle donne un uomo ha ucciso una donna, sua moglie.

Dovrai combattere.
Dovrai dare il massimo.
Dovrai dare di più.
Dovrai studiare il doppio.
Dovrai andare a testa alta.
Dovrai essere fiera di essere donna.
Dovrai amare più di quanto pensi.
Dovrai rispettarti prima di chiunque altro.
Dovrai guardarti allo specchio.
Dovrai guardare tutti in faccia senza permettere a nessuno di farti abbassare lo sguardo.

Sarai quello che vorrai essere ma ricordati di essere sempre libera e indipendente.
Ti darò le ali e ti insegnerò a volare, il viaggio che farai dipenderà solo da te.

Ti amo

Tua madre

martedì 10 novembre 2015

Elektra vive!!!! Prima copia!!!


PRE ORDINE CARTACEO ELEKTRA

http://www.amazon.it/Elektra-saga-Chiara-Babocci-Gentili/dp/8893213168/ref=sr_1_4?ie=UTF8&qid=1447146615&sr=8-4&keywords=babocci
    
http://www.youcanprint.it/index.php?option=com_chronocontact&task=send&chronoformname=ricerca_generale&Itemid=95

martedì 27 ottobre 2015

Narkopedio I Zoi Mou ~ Giannis Ploutarxos | Greek New Single 2014

Generali considerazioni

Ieri è stata una giornata meravigliosa: dopo aver dato, finalmente, il "visto si stampi" ho potuto concentrarmi sulla promozione del libro tramite blog, facebook etc. Sono anche riuscita a terminare il book trailer (di cui sono molto orgogliosa) e a pubblicarlo sui miei canali youtube. Colgo l'occasione per ringraziare anche qui il mio amico Francesco Di Biase per la colonna sonora del book trailer e Francesca Resta autrice della copertina del libro.
La copertina e il book trailer hanno già raccolto numerosi consensi e questo mi fa ben sperare per il libro. Quindi tutto positivo? No.
Parliamo in generale, esuliamo per un attimo dall'impronta libresca che ha sempre caratterizzato il blog. Affrontiamo la vita "vera" (sempre che per noi scrittori le due cose possano essere scisse).
Chi mi segue sa che a marzo di quest'anno mi sono trasferita in un'altra regione: scelta consapevole, ponderata, voluta. Sapete anche che sono incinta di Beatrice e che dovrebbe nascere a breve. Prendete queste informazioni come prologo.
Adesso immaginatevi nella mia situazione e di essere contattati da una persona che consideravate amica ma che, come purtroppo spesso accade, avete dovuto spostare nella categoria conoscenti. Non sentite questa persona da mesi (perchè dopo averla inondata di messaggi, a cui o non rispondeva o si limitava a "tutto bene" "si" "no", avete deciso di non tediarla più.) dopo i primi convenevoli vi lasciate andare e scrivete che siete felici, che tutto va bene ma che, anche per la vostra particolare situazione, ogni tanto la malinconia verso la vostra città e la lontananza dai vostri affetti si fa sentire. Adesso immaginatevi di sentirvi rispondere una cosa del tipo: scelta tua cazzi tuoi (e scusate il francesismo). Tutto corretto, a rigor di logica. La scelta come ho scritto prima non è stata imposta ma voluta. Ci rimanete male e chiudete la conversazione in fretta. Poi però ci ripensate e allora vi dite che no, così proprio non va.
Perchè se ogni volta che questa persona consapevolmente ha effettuato delle scelte per poi venirsi a lamentare con voi, aveste dovuto risponderle così sareste diventate un disco rotto. Invece no, avete ascoltato, consolato, capito e consigliato.
Questo è uno degli ultimi esempi ma potrei farne molti altri.
Sono sempre stata una persona solitaria: una volta che in borsa avevo il mio taccuino con la penna e un buon libro da leggere e magari buona musica da ascoltare, il mondo poteva girare senza di me. Non mi è mai interessato essere al centro del mondo, ho sempre preferito osservare e parlare quando avevo qualcosa da dire. Sicuramente mi sono persa delle occasioni ma sono fatta così. Quando però stringo un'amicizia potete stare tranquilli che per me è "per sempre". Non ho mai usato la parola "amico" con leggerezza. Non per darmi delle arie, semplicemente perchè prima che riesca a fidarmi di qualcuno ne passa di tempo e, per me, senza fiducia non c'è amicizia.
Ho preso delle fregature? Certo! Ho sofferto? Ovvio! Questo ha portato a essere ancora più diffidente e a stringere ancora di più i legami che ritenevo solidi e veri.
Da quando sono distante dalla mia vecchia realtà molte persone si sono rivelate per quello che in realtà erano: false e meschine. Anche quando a me andava tutto male e alle persone a cui tenevo andava tutto bene non ho mai sofferto d'invidia: sono sempre stata felice per loro e anche se dentro soffrivo come un cane, ascoltavo i loro "problemi" senza batter ciglio. Nascondevo il mio malessere per non guastare la loro felicità. Esclusi parenti e affini solo una persona si è rivelata essere vera e non a caso è quella che considero da più di dieci anni la mia migliore amica.
Per quanto sommi luminari possano dire che sia un bene capire con chi si ha a che fare veramente, non è mai bello avere certe sorprese.
Se mi deludi ben presto smetti di esistere, per il semplice fatto che la delusione va a braccetto con la perdita di fiducia e allora, che senso avrebbe?
Sono oscura di mio, necessito di giornate buie di pioggia, di oscurità e silenzio. In egual misura devo circondarmi di amore per uscire dal mio pozzo nero. Per questo non posso avere nulla a che fare con persone di questo genere. Per questo vi sto dicendo addio, senza strascichi, senza pianti. Una scelta consapevole e ponderata. Come vuole la vostra logica così ferrea.

Giannis Ploutarhos - Kata T' Alla Kala

venerdì 16 ottobre 2015

SEGNALAZIONE

TITOLO: ASCOLTA IL MIO SILENZIO
AUTORE: L. CASSIE
EDITORE: AMAZON

DATA DI PUBBLICAZIONE: 31 AGOSTO 2015

PREZZO: EBOOK 0,99 € - cARTACEO 5,19

TRAMA: Succedono cose nella vita in grado di ferirci terribilmente, cose per le quali non sempre esiste una spiegazione. Accadono e basta.
Jennifer, tutto questo, lo sa fin troppo bene. Sono passati quasi tre anni dal giorno in cui la sua vita è cambiata drasticamente. Nulla è mai più tornato come prima, nemmeno lei è la stessa di un tempo. Sì è chiusa a riccio, in un silenzio ostinato dal quale si sente protetta.
In pochi sanno la sua storia, in molti la giudicano, la prendono in giro, l’allontanano. Nessuno vuole una “sfigata” come lei nella propria cerchia di amici, come se frequentarla fosse la peggiore delle condanne.  Jennifer non può fare a meno di sentirsi di troppo, inadatta e fuori luogo. Si sente incompresa e diversa da tutti, o meglio... è così che gli altri la fanno sentire. 
È sola e ha paura di esserlo per sempre, ma un giorno alla sua porta si presenta Cedric, un ragazzo pronto ad aiutarla.  Riuscirà a fidarsi di lui?

BIOGRAFIA: L. Cassie nasce nel 1993 a Torino ed è in Piemonte che trascorre la sua infanzia, crescendo a pane e libri. Intraprende un percorso scolastico che la qualifica Estetista nel 2010, abilitandosi qualche anno più tardi.  A poco a poco scopre una grande passione, quella per la scrittura, ed è grazie a quest'ultima che decide di dar luce al suo primo romanzo “Una nuova vita”. Solo pochi mesi dopo realizza un secondo romanzo intitolato “Ascolta il mio silenzio”.




giovedì 15 ottobre 2015

In attesa...




Elektra è in pubblicazione. Aspettiamo le bozze, le confermiamo e poi diamo il via. Adesso è il periodo della promozione, molto stressante. Perchè? Perchè non sono mai stata una persona che si facesse pubblicità, sono sempre stata più un'osservatrice che una mattatrice della scena. Capisco però che se vogliamo farci conoscere noi autori emergenti non possiamo fare altro.
L'impegno che ho messo e sto mettendo in questo progetto è maggiore di quello profuso per Alter Ego. In Elektra parlo molto di consapevolezza di sè, delle proprie capacità, del proprio essere... forse è quello che è successo a me in questi due anni.
Forse ho capito che non si è trattato di un "gioco" ma di un qualcosa di reale, di una passione vera. Anche il riscontro che ho ricevuto dai miei lettori mi ha spronato a dare di più e a fare meglio.
Sono entusiasta, elettrizzata e terrorizzata!
Come sempre l'ultima parola spetta a voi... Presto, prestissimo!

giovedì 1 ottobre 2015

Elektra, the end




Ebbene, anche Elektra alla fine ha trovato il suo epilogo. E' stato un lavoro lungo, quasi due anni, che negli ultimi mesi ha assunto un ritmo frenetico. Non sapevo chi fosse Elektra fino a quando lei non si è confidata e, fidatevi, non è stato facile arrivare a questo punto.
Ho chiesto aiuto a Doukas ma anche lui era così chiuso nel suo dolore che è stato peggio che parlare con un muro.
Amo questo libro, amo Elektra: è un personaggio difficile, l'ho sempre detto. Non so quanti di voi la ameranno. Mi ha fatto infuriare, piangere, sorridere; mi ha fatto sperare nel futuro; mi ha fatto credere nelle seconde possibilità.
Un animo spezzato non tornerà mai come prima ma una volta rimessi insieme i pezzi dalle venature filtra sempre un po' di luce: questa è Elektra.
Non mi resta che augurarvi buona lettura perchè a breve Elektra sarà nella vostra libreria (cartacea o digitale che sia)

mercoledì 30 settembre 2015

Stupendo!!!

Ieri ho iniziato è terminato questo libro. È il primo che leggo dell'autrice e l'ho semplicemente adorato.
Lo stile è accattivante, i dialoghi incalzanti, le descrizioni essenziali. L'atmosfera gotica e romantica richiama alla mente romanzi come "Jane Eyre" e "Collegio femminile" o ancora "Il castello di Otranto". Suspance e colpi di scena non mancano. La storia d'amore, lasciata sullo sfondo, riesce a catturare il cuore e a far sognare come "Emma" e "Orgoglio e pregiudizio". 
Consigliati stimo per chi volesse perdersi nelle atmosfere gotiche della campagna inglese di fine 800. 

lunedì 24 agosto 2015

Mesa Stin Trela

Pos Boreis

Krifa

Take me to Church

La mia scrittura e la musica

Difficilmente riesco a scrivere senza musica. Non importa quanto possa essere concentrata, non importa quanto l'idea sia chiara nella mia testa. ho bisogno di una colonna sonora, sempre. La musica mi isola facendomi precipitare nel mio mondo ed è lì che scrivo.
Solo alcuni brani selezionati rendono tutto questo possibile e in questi anni pochi se ne sono aggiunti. Ovviamente la musica greca la fa da padrone ma oggi ho scoperto un nuovo brano che per qualche motivo mi ispira.
Ogni brano con il suo ritmo unico mi fa provare sensazioni nuove e diverse ogni volta: se scrivo scene d'amore il ritmo sarà sincopato, lento, incalzante, misterioso; se scrivo di liti allora il brano sarà un crescendo continuo fino ad arrivare all'apice; se scrivo di malinconia allora l'accompagnamento giusto è il pianoforte; se scrivo di rinascita e presa di consapevolezza si partirà piano piano per poi giungere a un ritmo serrato, forte sempre più forte.
Fondamentali sono il ritmo e il timbro della voce del cantante: certo anche le parole servono ma quando la musica è il biglietto di viaggio che mi permette di arrivare nel luogo più segreto di me il ritmo e il timbro la fanno da padrone.
Se ci penso la musica ha accompagnato tutta la mia vita: quando mi sentivo sola e isolata da tutti, quando ero felice, quando ero arrabbiata, quando ero decisa, quando ero ferita... ho iniziato con il walkman di Topolino e adesso sono arrivata all'Ipod. Ho addirittura un mp3 subacqueo. Avete mai provato la sensazione di immergervi in apnea ascoltando la vostra musica preferita? Io non riemergerei mai più: continuerei per sempre a vivere in quel mondo sommerso così perfetto. la musica mi permette di pensare vedendo colori nuovi e vivi. La realtà diventa sfuocata, l'immaginazione prende il comando e io posso solo lasciarmi trasportare. Non portatemi mai via la musica, la mia musica perchè è la chiave di accesso al mio mondo.
Non ho mai scritto per i soldi, non mi interessa. Scrivere mi è necessario come respirare e può essere un libro, un post sul blog, un racconto breve, il mio diario, un pensiero veloce...
Sarò egoista ma molte volte ho preferito stare sola a scrivere con la musica nelle orecchie piuttosto che uscire con gli amici: c'è chi l'ha capito e chi, per questo, se ne è andato.
Ho bisogno dei miei momenti che posso raggiungermi all'improvviso rapendomi e portandomi via, ho bisogno della mia malinconia che senza preavviso mi chiude in me stessa, ho bisogno del silenzio che mi aiuta ad ascoltarmi, ho bisogno del buio che mi aiuta a vedere, ho bisogno dell'abisso che mi fa raggiungere mondi sconosciuti. Ho bisogno di tutto questo per apprezzare la luce.

domenica 9 agosto 2015

Ambiguità

Buon Agosto!
Vi sono mancata? Voi sì, ma capisco che con le ferie di mezzo il tempo è veramente ridotto. Quest'anno per me niente Grecia: il pancione non consente viaggi ergo rimarrò a casina a scrivere per voi. Molto lentamente, si intende perchè questo caldo veramente non lascia respirare e di accendere il pc con 40 gradi all'ombra proprio non se ne parla.
Così rileggo quanto scritto per Elektra e penso: immagino come proseguirà, quello che faranno i personaggi, quello che diranno, le loro reazioni. Penso anche all'ambiguità che si sta sviluppando nel libro: lo so già che Elektra l'amerete o la odierete; non ci saranno mezze misure con lei.
Io? Per quanto mi riguarda posso solo dire che per il momento la capisco. Forse alla fine riuscirò a capire se la amo o la odio.
Elektra per certi versi rappresenta le debolezze e le paure umane, il punto è: riuscirà a sconfiggerle? e anche se ce la facesse, non sarà troppo tardi? Reba invece è costantemente nel giusto: non tanto perchè abbia sempre ragione quanto per il fatto che qualsiasi cosa faccia, agisce per amore dei suoi cari. Elektra no: sa che le sue azioni avranno conseguenze disastrose sugli altri ma persevera.
Quindi perchè Reba non fa qualcosa?
Me lo sono chiesta anche io e forse ho trovato la risposta nelle mie vicende personali.
Da piccola ero pronta a dare la mia fiducia a chiunque, sul serio. Dal prestare un pennarello al compagno di banco a invitare tutti alle mie feste di compleanno. Per me erano tutti amici indistintamente: non vedevo il male negli altri e di sicuro non pensavo ne fossero capaci. Così sono iniziate le prime batoste a cui non ho mai dato molto peso fino all'età di 12 anni. Quello che mi è successo mi ha fatto chiudere così a riccio e mi ha fatto dubitare così tanto degli altri da non riuscire più a distinguere il bene dal male. Erano tutti cattivi e tutti ce l'avevano con me o comunque se si avvicinavano era perchè avevano un secondo fine. Questo mi ha fatto perdere molte persone che una volta re incontrate dopo molti anni si sono rivelate essere veri amici. Tutto questo continua a durare ancora adesso: non riesco più a fidarmi completamente e per questo sono conscia di perdere molte opportunità. Vero è che, purtroppo, il mio istinto vede lontano: in questi anni di auto reclusione tutte le persone che in prima battuta non mi erano andate a genio si sono rivelate essere false, ipocrite, cattive e bugiarde. Cosa è successo? Come un assiduo corteggiatore alla fine sono riuscite a farmi aprire e a farsi considerare amiche e poi si sono rivelate per quello che sono in realtà. Non tutte sono riuscite a fregarmi ma 2 o 3 sì.  Nonostante queste fregature però ho capito che mi brucia di più aver perso la possibilità di essere amica di alcune persone che essere stata fregata da altre.
Per questo Reba si comporta così con Elektra. Ho capito che bisogna dare sempre una possibilità alle persone e comunque non bisogna lasciarsi influenzare da esperienze negative ma valutare ogni momento come singola entità.
Alcuni di voi si riconosceranno in Elktra, altri piangerammo con lei e per lei, altri la odieranno e stenteranno a capire il perchè io l'abbia resa protagonista. A questi ultimi mi sento di dire di leggere il libro con calma e di capire, di immedesimarsi in lei e di provare a pensare a come avrebbero reagito nella sua stessa situazione.
Amo questo libro, non più di Alter Ego, ma in maniera totalmente diversa: più adulta e forse più consapevole.
Da domani si prosegue oggi mi "godo" ancora il caldo...

lunedì 27 luglio 2015

Autrici vs lettrici, lettrici vs lettrici, autrici vs autrici: :

Sono stata per molto tempo indecisa se scrivere questo post o meno e alla fine ho deciso di farlo.
Non molto tempo fa ho partecipato alla discussione di una scrittrice in merito a una recensione fatta ad un suo libro. La lettrice senza offendere e senza denigrare, ma anzi lodando la scrittrice esprimeva la sua opinione sull'ultima opera che non le era piaciuta ed esprimeva il dubbio che forse l'autrice poteva essersi stancata dei suoi personaggi. Apriti cielo: le fan sono inveite, alcune suggerendo spedizioni punitive, alcune  offendendo lei e i suoi personalissimi gusti. Io mi sono permessa di dire che la ragazza in questione aveva semplicemente espresso la sua opinione e che l'unico sbaglio (se così si può chiamare) era quello di aver frainteso chi fosse il protagonista della copertina.
Sinceramente questa discussione mi ha lasciato un po' l'amaro in bocca. Non posso definirmi una scrittrice completa: la gavetta da fare è molta e io sono proprio all'inizio. I miei libri per il momento hanno avuto sempre recensioni positive ma non sono mancate le critiche: cosa ho fatto allora? Le ho lette attentamente e ho riconosciuto nel caso le mie mancanze. Solo una volta ho risposto per le rime: quando mi sono sentita dire che un urban fantasy ambientato in Italia fa schifo: in primo luogo perchè non ha senso un'affermazione simile, in secondo luogo perchè il mio libro non è ambientato in Italia, ergo il recensore non aveva letto il libro.
La questione però è un'altra: se un giorno dovessi diventare famosa vorrei avere fan così? No. Perchè se da un lato è bello vedere la passione con la quale difendono un proprio idolo dall'altra è allarmante l'accanimento contro chi nemmeno conoscono solo perchè a questa persona non è piaciuto il libro. Ci vuole moderazione e senso in tutto. Se la recensione fosse stata offensiva avrei anche potuto capire ma così no.
La conseguenza di questi atteggiamenti è che  nei vari forum e blog ci sono post di lettrici che dicono di aver "paura" di scrivere recensioni negative a chiunque perchè temono di essere linciate via web.
A me è capitato circa un anno fa: lessi l'ultimo libro di un'autrice italiana che semplicemente adoravo. Non mi piacque per niente. Lo scrissi spiegando punto per punto le mie motivazioni. Il risultato fu che fui messa alla berlina dall'autrice e dalle fan. Non ho più comprato nessun libro di questa scrittrice. So che non campa grazie a me ma mi è talmente scaduta come persona che potrebbe scrivere la nuova Divina Commedia e non riuscirei a leggerla.
Andando avanti scopri che ci sono veri e propri complotti che nemmeno i carbonari ai tempi d'oro: messaggi di compravendita di voti o di promesse di affossamenti delle rivali.

Scrivere è un'arte:l'arte non contempla bassezze simili.
Scrivere è amore: l'amore non contempla la guerra.

Perciò promemoria per me:

RICORDATI SEMPRE DEL PERCHE' SCRIVI, RICORDATI DEL PERCHE' HAI INIZIATO, RICORDATI CHI SEI, RICORDATI COSA VUOI CHE ARRIVI AGLI ALTRI.

Scrivere è un dono: i doni non contemplano la meschinità.

martedì 23 giugno 2015

Elektre vs Reba

Da un po' di giorni sono "tormentata" da un sogno molto romantico e molto triste. Forse il mio subconscio vuole dirmi di scrivere quello che mi arriva dalla notte? Con Alter Ego è successo proprio così: per mesi ho sperimentato il libro tra me e me, prima di addormentarmi e mentre dormivo. Con questo però è diverso: non sono ancora riuscita a capire se sia una storia a sè o se voglia essere inserita nel secondo capitolo della saga, Elektre. Per questo continuo a pensarci e sempre per questo quando vado a letto o quando rimango sola, chiudo gli occhi e mi sforzo di pensare al sogno. Vedo i protagonisti, vedo i posti, rivivo le loro sensazioni... Il punto è: vogliono essere protagonisti solitari o protagonisti della famiglia? Probabilmente lo scoprirò andando avanti nella stesura di Elektre. Verrà da sè; come sempre le mie mani non riusciranno a stare dietro ai miei pensieri che mi travolgeranno e mi faranno completamente loro facendomi perdere la percezione di tutto tranne che del libro.
Ho scritto la bozza di tutti i capitoli e per uno ho già scritto la scena clou: è stato difficile e pesante. Mettere nero su bianco quello che si è provato in un particolare momento della propria vita non è semplice. Devi rivivere quegli orribili istanti, vuoi far capire al lettore quelle che erano le tue sensazioni e le tue emozioni in quel preciso istante senza che si accorga che si tratta di te. Se Reba è in parte quella che sono diventata, Elektre è chi in parte ero. Se Reba aveva in sè la parte migliore di me, Elektre ha la parte più oscura. Questa volta la protagonista potrebbe suscitare parere discordanti. Sono quasi certa che alcuni di voi non la apprezzeranno e vi giuro che vi capisco. Mentre pensavo a lei ho dovuto faticare per capire anche io da che parte stavo. Vorrei riuscire a rendere la complessità del suo carattere. Per questo la stesura del secondo capitolo è così intensa e laboriosa: L'amerete o l'odierete quello che conta è che vi emozioni. 

martedì 16 giugno 2015

Freak Show

Qualche giorno fa mi sono presa lo sfizio di fare zapping su alcuni canali del nostro panorama televisivo. Non avere un lavoro a volte può risultare utile.
Senza fare nomi, vorrei condividere con voi un mio pensiero: è mai possibile che se non si parla di disgrazie (o pseudo tali) altrui, la televisione non riesce a propinare nulla?
Su alcuni canali, due in particolare, c'è questo amore morboso per le sfighe altrui il tutto condito con: non sono disgrazie ma doni. Ci sono i nani, le malattie misteriose, i parassiti, le operazioni non riuscite, le malformazioni fisiche e mentali, gli anoressici e gli obesi, le operazioni di chirurgia plastica non riuscite, le malattie sessuali, le disfunzioni sessuali, gli omicidi di famiglia, stolker, tradimenti, pignoramenti... insomma, un bel palinsesto. Il punto però non è tanto quello che ci propina mamma tv, la cosa grave è che se continuano ad inventarsi programmi di questo genere vuol dire che il riscontro c'è, vuol dire che quelli malati siamo noi che li guardiamo. Quelli ossessionati dalle diversità più o meno palesi, più o meno gravi siamo noi. Quindi è la televisione che fa schifo o siamo noi? Ci indigniamo quando qualcuno per strada indica qualcuno con delle deformità ma poi dentro casina nostra non facciamo la stessa cosa? Non siamo come quelli che tra 800 e 900 andavano a guardare i freak show con la donna barbuta?
Facciamo pubblicità progresso per cui siamo tutti uguali, postiamo sui social network foto di bambini con malattie psichiche o fisiche scrivendo che sono belli e normali come tutti gli altri ma poi guardiamo questo genere di programmi.
Certo, passare due ore a vedere come dei disgraziati si barcamenano in una società che osanna la perfezione fisica è molto più divertente che guardare programmi come Super Quark o un bel film.
Non bisogna per forza essere dei laureati per apprezzare altri genere di programmi. Ve li ricordate i bei quiz di una volta? O ancora gli show del sabato sera? Di sicuro non era richiesto alcun tipo di impegno celebrale per capirli. Ma questo adesso non ci basta più.
Forse adesso vogliamo emozioni più forti? Abbiamo bisogno di dire "oddio poverino!" o ancora "oddio che schifo!" così quando ci guardiamo allo specchio possiamo consolarci?
Non siamo morbosi fino a fare pietà? Più passa il tempo più questi programmi diventano disgustosi.
Abbiamo iniziato con lo sputtanarci in programmi tipo raccontando i problemi di casa nostra era inevitabile mettere in piazza anche il resto. Attenzione: non sto dicendo che i diversamente abili fisici o psichici che siano debbano nascondersi. Credo che abbiano diritto a mostrarsi per quello che sono perchè sono persone come tutti e sono convinta che la maggior parte di loro si presti a partecipare a questi programmi per far capire che non sono mostri o contagiosi, per farci vedere che possono e vogliono condurre una vita come quella di tutti. Vorrei però far capire loro che questi programmi li mettono solo alla berlina, che non c'è alcuno scopo sociale nell'entrare nelle loro vite. Lo scopo unico è lo share e gli incassi che questo porta. Vorrei che si rendessero conto che chi guarda questi programmi lo fa per morbosità e curiosità malata non per capire veramente quello che c'è dietro.
Si potrebbero fare una miriade di programmi più belli e interessanti ma finchè la televisione sarà monopolio dell'italiano medio-basso (molto basso) nulla cambierà. Per fare in modo che qualcosa cambi basterebbe girare canale.
Inutili pubblicità progresso, post su social netrwork, manifestazioni e quant'altro se non ci indigniamo davanti a certa tv spazzatura. Perchè è questo: SPAZZATURA e chi la guarda non è altro che un sottoprodotto dell'immondizia che ci propinano.

mercoledì 27 maggio 2015

50 Sfumature di grigio: il film

La scorsa settimana ho ordinato su Amazon il DVD edizione speciale di 50 Sfumature. Oggi mi sono detta: "e se non ne valesse la pena?". Così ho disdetto l'ordine e l'ho noleggiato su ITunes, ripromettendomi che se mi fosse piaciuto l'avrei acquistato. Non lo comprerò. Appena terminata la visione la prima "parola" che mi è venuta in mente è stata un sonoro BOH. Non mi ha entusiasmato, non mi ha completamente deluso; mi ha lasciato più che altro perplessa. A parte il discorso principe per cui un libro è sempre meglio del relativo film alcune scelte mi hanno lasciato dubbiosa. Hanno spostato alcune scene nel nuovo appartamento di Ana a Seattle quando nel libro sono accadute nell'appartamento dell'università. Lei sottolinea più volte il fatto di chiamarla Anastacia, nel libro si fa chiamare Ana. Lui che le confida il suo passato mentre lei dorme, mai successo nel libro; e non ha proprio senso. Quando lui va nel negozio dove lei lavora: pietosa, veramente pietosa. La scena della cena a casa dei genitori di Grey: completamente diversa! Idem per quando discutono del contratto. Lui nel libro usa il Blackberry, non l'Iphone. IO SCOPO, FORTE... non si può sentire! PERCHE' DENTRO HO 50 SFUMATURE DI PERVERSIONE? non era così la frase. Altre piccole incongruenze che potrebbero avere poco peso se i due protagonisti lavorassero bene. Per prima cosa insieme non funzionano, per niente: insieme sono rigidi e non trasmettono passione o eccitazione. Prendiamoli singolarmente: lei dovrebbe avere 21 anni: quando la riprendono da vicino è evidente che così non è. Non dico che non sia espressiva ma nel libro quando mai Anastacia ride mentre Gray le fa tutte quelle cose? Nel film, i suoi, non mi sono proprio parsi risolini di imbarazzo: sembra quasi che lui le stia facendo il solletico. Ana era sciatta ma bella, lei sembra la brutta copia di suo padre. Lui: espressivo come Stallone dopo l'ultimo tiraggio, mi ha fatto eccitare come Peppa Pig. Di fisico mi aspettavo di meglio: Gray nel libro viene descritto come slanciato, lui mi pare un po' tozzo; con i famosi jeans non rende assolutamente. Soprattutto due scene sono state pessime, anzi tre: quando allontana Josè, quando supplica Ana di dire di sì e quando la punisce prima che lei se ne vada. In quella con Josè è proprio la scena ad essere girata malissimo, troppo veloce, le espressioni dei protagonisti non si vedono (oddio magari è voluto visto il cast); anche quando chiede ad Ana di dire di sì troppo veloce, veramente una sfumatura; la scena della punizione poi sembra più che altro che sia tornato da una corsa: è sudato e ansima ma espressione tipo bradipo addormentato. Le famose 50 sfumature se le sono fumate. Tornando al film nel suo complesso: non capisco perchè l'abbiano vietato ai minori di 18 anni, sinceramente ho visto scene molto più hard nella serie "I Borgia" per non parlare dei famosi gladiatori di "Spartacus". Hanno tagliato parti fondamentali, ad esempio quando lei piange dopo che lui se ne va la prima volta che la sculaccia, per inserire scene che nel libro proprio non ci sono come la passeggiata nei boschi. La governate di Gray (non ricordo il nome) non appare proprio. Taylor si vede pochissimo. Per non parlare del lavoro di Ana! Direi che è proprio fondamentale far vedere che lei inizia a lavorare!!! Mi domando se il regista abbia letto gli altri due libri. Il film mi ha fatto tenerezza e un po' mi ha annoiato. Lui è insicuro, Gray non è così: almeno non nel primo libro. La scena della cena è stata troppo tagliata o per meglio dire poco sviluppata. La prima volta che fanno l'amore c'è anche il gioco del rapporto orale che qui è stato censurato totalmente. "Molte prime volte" mai sentita questa frase nel film. "Il nostro scopo è il piacere" idem. Insomma: perplessa e delusa. Vedrò gli altri due? Sì, voglio vedere come va a finire. Andrò a vederli al cinema? No. Acquisterò i DVD? No. Ecco: oggi ho rivisto anche "La Bella e la Bestia" della Disney: vi ricordate il bacio finale? Ho trovato molta più passione in quello che in ogni singola scena erotica del film. La trilogia mi è piaciuta molto: senza far polemica con i pseudo intellettuali che senza nemmeno averlo letto (ma ne siamo sicuri?) l'hanno criticato più che altro offendendo quelli a cui era piaciuto. Diciamo anche che la mia fantasia ha sempre galoppato e che quindi nella mia testa anche le scene erano perfette, ma insomma il 90% del film è ceffato, a partire dalla scelta dei due protagonisti. Peccato, veramente.

venerdì 15 maggio 2015

Femminile, maschile

Ieri sera, prima di riuscire ad addormentarmi, ho iniziato a formulare un pensiero sul quale non mi ero mai soffermata prima. Tutti noi, maschi e femmine, quando vogliamo offendere una donna quali insulti utilizziamo? Puttana (con tutti i suoi sinonimi), brutta, grassa, chiattona, gatta morta, acqua cheta e molti altri dello stesso tenore. Ora analizzando queste offese, che sono sicuramente tra le più comuni, cosa notate? Tutte sono volte ad offendere la donna per come si mostra visivamente (brutta, grassa etc...) o per i suoi atteggiamenti (puttana, gatta morta etc...); se ci fate caso nessuno di questi insulti può essere ricondotto all'intelligenza della donna. E' molto difficile che qualcuno insulti una persona di sesso femminile appellandola come stupida o deficiente. Vi siete chiesti come mai? Io sì e ho trovato due possibili spiegazioni: la prima è che noi donne veniamo considerate così tanto degli oggetti che la possibilità che possiamo ritenerci offese perchè viene insultata la nostra intelligenza non viene nemmeno presa in considerazione; la seconda è molto meno plausibile: sapendo che per quanto brutte o puttane possiamo essere la nostra intelligenza è assodata, a nessuno passa per l'anticamera del cervello di offenderci tirando in ballo le nostre capacità mentali. Non ci credete nemmeno voi, vero? Forse in un mondo ideale sarebbe così. Forse in un mondo ideale le donne per prime la smetterebbero con certi insulti. Sempre seguendo questo filone mi sono venuti in mente gli insulti più comuni indirizzati agli uomini: cornuto, frocio, bastardo, figlio di puttana, porco, impotente e via dicendo. Ci siete arrivati? Analizziamo i primi quattro: cornuto, bastardo e figlio di puttana in particolare sono sì un'offesa indirizzata all'uomo ma in realtà chi insultano veramente? Le donne. Cornuto implica che la moglie/fidanzata sia una poco di buono; bastardo e figlio di puttana non credo nemmeno si debbano spiegare. Ancora, dire frocio a un uomo cosa implica? Insultare innanzitutto tutte quelle persone che vivono l'amore per persone del loro stesso sesso e più nel profondo è un'offesa alla parte femminile che in alcuni soggetti è più sviluppata. Mentre porco e impotente,avendo una connotazione sessuale, sottintendono che ancora più grave dell'offesa a mamme e mogli per l'uomo è inaccettabile che venga messa in dubbio la sua mascolinità e la sua integrità morale. Da qualsiasi punto di vista la vediate sono sempre le donne che ci perdono. Anche quando offendiamo gli uomini quelle veramente prese di mira sono le donne. Purtroppo, finchè noi per prime non cambieremo atteggiamento verso le nostre sorelle di sventura, nulla cambierà. Mi spiace dover constare che quanto pensato prima di addormentarmi sia così reale da sentire la necessità di condividerlo con voi. Spero che questo post serva a far riflettere chi di voi lo leggerà integralmente e che magari sia un primo passo per noi donne verso una maggiore consapevolezza.

martedì 14 aprile 2015

Il basilico raccolto all'alba - Eugènie Gènin

INTENSO Ho acquistato questo libro senza leggere le recensioni degli altri utenti, non lo faccio mai, ma con questo in particolare ho deciso di farmi guidare dall'istinto: essendo genovese trapiantata in un altro luogo è stato un po' come un ritorno a casa. Il libro (credo l'opera prima dell'autrice) è scritto molto bene: grammatica e sintassi sono pressapoco perfetti. Alcune scelte linguistiche mi hanno lasciato un po' perplessa: ad esempio il termine "copulato" che non rende il senso della scena e fa cadere nel volgare un erotico di alto livello e di amplio respiro. Chi deciderà di leggere questo romanzo dovrà essere per forza di ampie vedute. La trama su Amazon non rende assolutamente lo sforzo emotivo che l'autrice ha compiuto nello scrivere. Le scene sono ad alto tasso erotico, molto spinte e molto forti ma mai volgari: sarà perchè sono descritte dal punto di vista della protagonista e, di conseguenza, l'anima femminile è sempre presente, sempre. Consiglio la lettura di questo romanzo ma ad un pubblico adulto e consapevole, con un certo bagaglio culturale (alcune citazioni, riportate fedelmente, devono essere seguite da una particolare riflessione da parte del lettore) e di esperienze. Non basta essere maggiorenni per poterlo assaporare e capire. Ho finito di leggero questa mattina ma ho dovuto metabolizzarlo per poterlo recensire. Il finale è aperto, forse l'autrice si è lasciata spazio per un seguito? Se sì spero sia all'altezza del primo, altrimenti è meglio lasciare le cose così. Il libro tira fuori la parte migliore e peggiore di chi lo legge, fa riflettere e a volte fa sperare che certe cose non accadano realmente. Non sono riuscita ad immaginarmi durante tutta la lettura il Professore: la sua figura, anche se protagonista, rimane un po' marginale: credo sia un fatto voluto e devo dire che l'autrice è stata molto brava. Il perno della storia è Doria, la sua crescita, le sue scoperte, la sua femminilità e i suoi sentimenti; il prof. ha innescato una reazione, ha trasformato in realtà ciò che era in potenza, ha sollevato il velo di Maya. Complimenti all'autrice, leggerò sia il seguito se ci sarà, sia altri suoi romanzi.

lunedì 13 aprile 2015

Una storia

Voglio raccontarvi una storia... Nel settembre 1996 ho incontrato la persona che avrei considerato come una sorella per anni e con la quale poi tutto sarebbe finito nel peggiore dei modi. Eravamo al primo anno di liceo classico (IV ginnasio per gli addetti ai lavori ;-) ): lei era bruttina e secchiona ma di quelle simpatiche, che passano tutto e che non se la tirano da genietti; io ero carina, studiosa ma solo delle materie che mi piacevano e già con la testa immersa nei libri. Non ricordo il giorno, non ricordo come. So solo che a un certo punto siamo diventate inseparabili. Allora non si poteva uscire di sera perchè eravamo piccole e così stavamo sempre insieme a scuola, vicine di banco, bigliettini scambiati sperando che il prof non se ne accorgesse (all'epoca i telefonini erano qualcosa di sconosciuto), ricreazioni passate in bagno con io che fumavo e lei che stava attenta non arrivassero insegnanti o bidelli. Poi il tempo di arrivare a casa, mangiare qualcosa e subito al telefono: certo, si parlava di compiti e di scuola all'inizio ma poi telefonate interminabili a raccontarci sogni, speranze e le prime cotte. Pomeriggi passati a casa dell'altra a "studiare" e a divertirci facendo scherzi telefonici alle amiche. Quando è arrivato il permesso da parte dei rispettivi genitori di uscire alla sera sono andata a casa sua al sabato pomeriggio e abbiamo finito di prepararci mezz'ora prima di uscire: mi sono portata dietro una valigia di vestiti e scarpe, ci siamo truccate e pettinate a vicenda (non vi sto a raccontare il macello con lo smalto, vi dico solo che alla fine abbiamo rinunciato) e poi finalmente SOLE DI SERA! al Britannia, storico pub di Genova, non so quanti sabati sera ci avremo passato.. lei con la vodka al melone ed io con quella alla pesca. un piatto di patatine divise e ridere e scherzare insieme alle altre amiche. La prima volta in discoteca? MERAVIGLIOSA! Abbiamo ballato sino alle 3 del mattino, alla fine dopo 6 ore sui tacchi abbiamo optato per tornare a casa scalze, per fortuna che casa sua non era troppo distante, eravamo così felici e doloranti che ogni 10 metri dovevamo fermarci perchè ridevamo a crepapelle. Poi arriva il primo ragazzo e ovviamente a tutte e due piace lo stesso che a dire la verità ci prova con tutte e due... Ma ci capiamo subito: interessava di più a lei perciò mio passo indietro e più amiche di prima, con raccomandazione a lui di trattarla come una principessa. Poi anch'io trovo il ragazzo e allora si organizzano le prime uscite a 4 (mi ricordo ancora quel pub alla foce sul vecchio vagone dove prendemmo dopo la versione integrale de "L'esorcista" un piatto di patatine fritte con sopra la Nutella. I ragazzi che ci guardavano allucinati e noi che non li consideravamo proprio). E siamo arrivate al penultimo anno di liceo. Non le ho raccontato subito quello che il mio ragazzo mi faceva: la vedevo così pura e innocente che non volevo sporcarla con quello che io subivo; ma mi conosceva meglio di quanto pensassi. Mi ripeteva in continuazione di lasciarlo, che non faceva per me, che mi vedeva triste, che non ero più io. Una volta ero così triste che mi trascinò al cinema a vedere "Ti presento Joe Black", non ci crederete ma abbiamo riso per tutto il tempo, così forte che a momenti ci sbattono fuori dal cinema. Quando siamo andate a vedere South Park è stato ancora peggio, abbiamo rischiato di sentirci male da quanto ridevamo. Una volta in Via XX, dopo l'ennesima sceneggiata del mio ragazzo, mi ha fatto seguire un ragazzo che veniva a scuola con noi e che ovviamente ci ha colto in fallo dopo nemmeno 10 minuti. Arriva l'ultimo anno, io sempre più alla deriva e lei sempre più presente: a 3 mesi dalla maturità dico BASTA: lascio il ragazzo e tiriamo tutte e due un bel sospiro di sollievo. Arriva il giorno della maturità: io l'ultima del primo giorno, lei la terza. Mi dice: "Finisco, vado a casa a cambiarmi e arrivo da te.". Tocca a me entro senza di lei, ma quando finisco e mi giro lei è lì, ci abbracciamo. Non servono parole, ci saremo sempre l'una per l'altra. Io parto per le vacanze e le scrivo una lettera, una lunghissima lettera dove le racconto tutto quello che ho subito per due anni. Mi chiama, lo sapeva, l'aveva intuito, mi vuole bene, la supereremo. Arriva settembre: università, nuovi corsi, nuovi compagni e poi un sabato sera mentre io ero in un locale dark (si ho passato un periodo strambo) e lei a Camogli mi arriva un messaggio sul cellulare: "chiamami subito". La chiamo e vengo a sapere che il suo ragazzo 3 giorni prima del primo esame all'uni le va a dire che l'ha tradita: la sento piangere disperata. mi chiede se posso andare da lei... ero senz'auto a 10 km di distanza ma per la mia sorellina.. trovo una ragazza che vive a Recco e che stava andando a casa; le propongo il pagamento della benzina. Eccomi da lei munita di vodka e affini: ci chiudiamo in casa e iniziamo a inveire contro maschi, ragazzi, uomini e affini inaffiando il tutto con parecchio alcool. Mi chiede cosa deve fare, le rispondo che per me la fiducia è tutto. Se una persona tradisce la mia fiducia con me ha chiuso. Sono parole che si sono rivelate fatali. Lei lo perdona ma dopo pochi mesi si lasciano. Decidiamo di fare le vacanze insieme ad altre due nostre amiche: una settimana all'Elba. Quattro 19enni in vacanza da sole: l'estate più bella. Arriva il secondo anno di università e le cose iniziano a cambiare. Io rimango più o meno la stessa: esco quando ne ho voglia, mi piace stare a casa a parlare al telefono, continuo a leggere e scrivere. Lei inizia ad essere sempre più interessata alla moda, al trucco, al parrucchiere e a frequentare persone che sino a due mesi prima non avrebbe nemmeno considerato. Mi sforzo di farmi piacere le sue nuove amiche ma proprio non ci riesco: le trovo volgari e parecchio ignoranti. Non riesco a capacitarmi di come lei possa trovarsi così bene con loro. Dirado le uscite alla sera cercando di farle capire che non mi diverto più ma organizzo aperitivi a cui lei porta 7 volte su 10 anche le nuove ragazze. Ma non mi importa più di tanto perchè so che la nostra amicizia è super. Finisce il periodo dell'università per me e trovo subito lavoro: ovviamente adesso i miei ritmi sono diversi, non posso saltare una giornata per andare a fare shopping con lei e salto qualche aperitivo perchè se ho da fare devo fermarmi al lavoro. Ma lei non capisce e arriva un fulmine a ciel sereno: non crede che mi fermi in ufficio, pensa che le racconti delle bugie perchè nessun neo assunto lavora quanto lavoro io. Cado dalle nuvole, la mia migliore amica non mi crede? Mi arrabbio, non può pensare davvero questo. Le do il numero del mio capo, che verifichi pure. Dice che non ne ha bisogno ma che anche le altre non capiscono perchè esca così poco. Le altre?! Le chiedo se si divertono a fare il bar sport su di me. Mi dice di no. Ci chiariamo, ma inizio ad essere diffidente e guardo alle altre con manifesta ostilità. Ci fidanziamo tutte e due: io con un collega e lei con un ragazzo conosciuto tramite i suoi nuovi amici che non mi è mai piaciuto. Non tarda a confermarmi ciò che penso ma vengo a saperlo dopo che l'aveva già raccontato alla sua nuova amica "l'ho raccontato a lei, quindi posso raccontarlo anche a te". Credetemi, mi sono sentita morire. Da qualche parte ci eravamo perse. Ci incontriamo di nuovo per parlare ma dopo due settimane scoppia tutto. Amicizia finita, gennaio 2010. Lei inizia una campagna diffamatoria su Facebook: si era liberata di una pazza esaurita, invidiosa, pezzente etc... quando le chiedo di smetterla, se non per rispetto a me almeno per la nostra vecchia amicizia mi risponde che ormai non siamo più amiche e quindi può scrivere quello che vuole. In ogni caso i commenti offensivi smettono. Ci piango sopra: a leggere mail, messaggi, lettere, cartoline. A vedere foto e a chiedermi perchè. Non la incontro più. A settembre 2011 mi sposo e decido di scriverle su Facebook per salutarla decentemente. Dopo più di un anno siamo più calme, ci dispiace per come sia finita ma io fiducia non ne ho più e lei ha detto troppe cattiverie per poter tornare indietro. L'anno successivo si sposa lei e rimane subito incinta, vengo a saperlo tramite un amico in comune. Sono felice per lei, so che se sarà una bambina la chiamerà Arianna. Poi una sera questo ragazzo mi chiama, all'inizio non voglio rispondere ma poi penso che deve essere successo qualcosa e allora lo faccio: "Non so come dirtelo, ma ... è morta." cosa ho detto io? "No, la mia ... no!". Sono morta, ho rivissuto tutto in un attimo e la nostra litigata mi è sembrata così stupida e priva di significato. Non capivo cosa fosse potuto succedere. Una ragazza di 30 anni incinta di 5 mesi morta?! Perchè? Morte bianca hanno detto, forse un ictus... resta il fatto che lei non c'è più. E allora vai in chiesa dove trovi la compagnia storica da una parte e i suoi nuovi amici dall'altra. Io che piango disperata: adesso non c'è più tempo per nessun chiarimento. Sono passati quasi due anni e il dolore è sempre lì, non si è attenuato. Ma per fortuna il pensiero non è costante. L'ho sognata solo 2 volte vestita con la sua gonna bianca e il suo maglione verde. L'ultima volta le ho chiesto scusa perchè non ero arrivata in tempo e lei mi ha risposto che non importava, che andava tutto bene. Adesso mentre sono qui a scrivere di lei e del dolore che ancora ho mi domando come gli altri possano andare avanti. Certo è che ognuno vive il dolore a modo suo ma quando vedo certe foto pubblicate su Facebook credetemi che rabbrividisco. Basterebbe un po' di pudore e di rispetto. Credo di essere più legata al ricordo di quando eravamo amiche che alla persona che era diventata in seguito. So perfettamente che se ci fossimo incontrate dopo il suo cambiamento non saremo mai diventate amiche. Ma un conto è la testa, un conto il cuore: il cuore va per i fatti suoi e non importa quanto possa sanguinare, è testardo e caparbio. L'ho amata come una sorella e il suo ricordo rimarrà per sempre. Ai miei figli racconterò della persona VERA che era e non di quella che è diventata. Ho commesso anche io i miei errori: non ho capito quando e perchè sia cambiata così radicalmente. Forse aveva bisogno di me e io non l'ho capito. Sapete però cosa rimpiango di più? Due giorni prima che morisse avevo deciso di mandarle un messaggio per congratularmi con lei. Non l'ho mai mandato. Il mio stupido orgoglio mi ha impedito di sentirla un'ultima volta. Forse non sarebbe cambiato nulla ma almeno non vivrei con questo tarlo. Se dopo più di due anni volevo scriverle proprio quella settimana, avrei dovuto farlo. Non perdete tempo, non crogiolatevi nell'orgoglio, non fatevi scudo con la ragione certe cose valgono molto di più e possono essere eterne. Ciao amica mia

giovedì 9 aprile 2015

Buongiorno a tutti! Siccome sono mancata per molto tempo voglio deliziarvi con questo racconto, "Kenneth", tratto dalla mia antologia "Sogni d'amore". Vi piacerà così tanto che correrete a comprare il libro! Aspetto i vostri commenti e tanti like! A presto!

Adesso o mai più. O si dichiara quest’estate o io smetterò di essere innamorata di lui. Questo è quello che dissi alla mia migliore amica, Michela, più di un anno fa; prima che tutta questa storia finisse. Sarebbe il caso mi presentassi: mi chiamo Melania (sì, le ho sentite tutte: Melania la lagna, gnania, mela e tante altre. Cosa volete che vi dica, si vede che i miei genitori erano depressi quando hanno scelto il mio nome!), ho venticinque anni vivo a.. ha importanza? No, ai fini della storia direi di no, perciò andiamo avanti. Lavoro da quando ho diciotto anni: mamma e papà avrebbero preferito frequentassi l’università ma ho un metodo tutto mio di studiare: sono pignola, infaticabile, inesauribile ma solo nelle materie che amo e visto che un corso di laurea così non esiste ho deciso di mettere a frutto un lato del mio carattere molto marcato: empatia! Quindi… su non è difficile… sono una wedding planner! All’inizio è stato difficile: non c’erano fondi, mamma e papà non potevano aiutarmi, ma era tanta la voglia di farcela che, dopo un percorso ad ostacoli fatto di clienti insoddisfatti e non paganti, fornitori farlocchi, inconvenienti naturali e non, la mia sfiga personale che quando ci si mette beh, non la supera nessuno alla fine sono riuscita a farmi un nome ed ad aprire una prima filiale in un’altra città. Se volete che il vostro matrimonio sia la vostra favola non dovete far altro che chiamarmi! Scusate, la manager che è in me ogni tanto viene fuori. Vi racconto solo un episodio, giusto per farvi capire: matrimonio sulla neve e intendo sulle piste da sci. Tutto procede magnificamente, l’atmosfera è così da favola che sembra finta. Finisce la cerimonia e dovete raggiungere il rifugio dove vi attende il pranzo. Dopo che tutti gli ospiti, esclusi la sottoscritta, paggetti e genitori dei paggetti hanno raggiunto la vetta, la seggiovia pensa bene di esalare l’ultimo respiro. Arriva Evaristo, l’istruttore di sci che ti indica un bastone da infilarti in mezzo alle gambe giurando e spergiurando che quel coso ti porterà al rifugio.. basta che ti metti gli sci! Bambini entusiasti, genitori in visibilio per “l’irrinunciabile opportunità” e così alla fine, scettica, cedi. Dopo i primi dieci metri i tuoi muscoli iniziano a rilassarsi, arrivata ai quindici metri abbozzi un sorriso ed inizi a paragonarti alla Kostner ed è qui che commetti l’errore fatale: arrivata in prossimità dei venti metri ti giri per salutare con la manina tipo Sua Altezza Reale ed inneschi la tragedia: improvvisamente l’unica mano con cui ti tenevi decide di abbandonarti, gli sci, che vivono di vita propria, decidono di non seguire più la traccia e prima che tu possa accorgertene ti ritrovi a ruzzolare giù per la collina urlando e travolgendo tutti e tre i paggetti che erano saliti dopo di te. Genitori sconcertati, bambini sprezzanti che capiscono immediatamente che non hai mai messo un paio di sci ai piedi e tu che pensi al tuo Armani irrecuperabile. Dove eravamo rimasti? Giusto, stavamo parlando di me. Ho dimenticato di dirvi che sono bella: ne ho fin sopra alla testa di falsa modestia. Sono il classico esempio di ragazza mediterranea: alta, capelli neri, occhi nocciola, labbra carnose e tutte le curve al punto giusto. Per questo i ragazzi non mi sono mai mancati: mori, biondi, sportivi, intellettuali… l’ultimo si chiamava Francesco: molto carino, peccato averlo beccato a letto con un’altra un’ora dopo aver finito con me. Ho detto che sono bella, non perfetta. A tutte capita di venir tradite! A dire la verità però non mi sono mai impegnata, con nessuno di loro. Questo perché sono sempre stata pazzamente innamorata dell’unico uomo della mia vita: Kenneth. Caro, carissimo amico di mio padre. No. Non è così vecchio -scusa papà - Kenneth ha quarant’anni, non è bello in maniera convenzionale ma ha un sorriso ed uno sguardo… e vi ho mai parlato della sua voce? Avete mai sentito qualcosa di più sexy della sua voce?! Una tigre che fa le fusa. Mi vengono i brividi ogni volta che lo sento e considerando il mestiere che fa e l’amicizia che lo lega a mio padre lo sento spesso; perciò vi lascio immaginare il mio stato emotivo. Volete sapere cosa fa nella vita? Il mio Kenneth è un attore, di teatro. Shakespeare per l’esattezza: Amleto, Romeo e Giulietta, Molto rumore per nulla, Sogno di una notte di mezz’estate…. Viene osannato dalla critica, idolatrato dai fans, non vi dico le scene ridicole di certe donne: anche anziane; ha messo su una compagnia teatrale con cui gira il paese e ha scritto il suo secondo romanzo. Ovviamente il primo è stato un successo. Sicuramente vi starete chiedendo cosa ci facesse un tipo come Kenneth con una ragazzina come me. Nulla, non faceva nulla ed era proprio questo il problema, e qui ritorniamo all’ultimatum che mi diedi parlando con Michela. Facciamo un ulteriore passo indietro: come ha fatto papà a conoscere Kenneth? Abbiamo una casa al mare, mio nonno era pescatore e con grossi sacrifici riuscì a comprarsi questa piccola casa: cucinotto con sala da pranzo, due camere da letto e il bagno, una meravigliosa vista sul mare a due passi da casa. Quando mamma e papà si sposarono, siccome era estate e siccome i soldi erano pochini, decisero di fare lì il viaggio di nozze e qui conobbero Kenneth, all’epoca quindicenne, impiegato saltuariamente in lavoretti presso le case dei vicini per potersi pagare il corso di recitazione. Mio padre lo prese subito in simpatia, quasi come se fosse un fratello minore e papà divenne per Kenneth una sorta di padre barra fratello maggiore barra consigliere. Il viaggio di nozze fu propizio perché io venni alla luce esattamente nove mesi dopo e Kenneth mi vide nascere, vide il mio primo bagnetto, umiliante decisamente, il mio primo dentino, mi cambiò il pannolino, niente commenti vi prego, mi fece da baby sitter… Poi tutto cambiò, quando? All’incirca intorno ai miei dieci anni, Kenneth ebbe il suo primo ingaggio e non lo vidi per mesi. Certo, si faceva sentire, con papà, quasi tutti i giorni ma voi capite che un ragazzo di ventitré anni al suo primo ingaggio come attore in giro per il paese è una specie di mina vagante. Foto sui giornali, starlette, feste…. Lo rivedemmo solo dopo un anno per le vacanze estive: arrivò una mattina dopo che la notte un temporale aveva rinfrescato l’aria d’agosto; ero in spiaggia a passeggiare con la mia cagnolina quando vidi da lontano un uomo seduto intento a guardare il mare; mi avvicinai e mi accorsi che era Kenneth. Lui mi guardò e mi salutò . Non so cosa scattò dentro di me, ma in quel momento mi accorsi di amarlo: aveva lo sguardo triste e malinconico, mi guardava come se fossi la sua ancora di salvezza ed era bello da morire. Avrei voluto abbracciarlo e giurargli amore eterno - sì, tipo la famiglia cuore di Barbie e Ken, all’epoca era il mio modello di riferimento, immaginavo una lieve brezza tra i capelli, gli occhi a cuoricino; lui che innamoratissimo ma conscio della mia giovane età prometteva di aspettarmi… e invece, sapete cosa gli dissi? . A undici anni le mie skill non comprendevano . In ogni caso funzionò perché dopo un primo sguardo basito scoppiò a ridere e si fece portare a casa. Tutt’ora non so cosa si siano detti con papà ma quando uscirono dalla camera Kenneth era diventato un uomo. Rimase con noi tutta l’estate. Furono i tre mesi più belli della mia vita di bambina: la mattina al mare con Kenneth a fare tuffi, immersioni e tante tante foto; al pomeriggio al boschetto, chiamavamo così i giardini del paese, a rilassarci leggendo o dando da mangiare ai pesci nelle vasche. Passarono così in fretta quei mesi che al momento di chiudere casa per tornare in città scoppiai a piangere così violentemente che mi sentii male. Mamma e papà imputarono le lacrime ad una crisi pre-adolescenziale, io sapevo che il mio pianto era tutto e solo per Kenneth. Sarebbe partito per chissà dove e avrei dovuto aspettare un altro anno prima di rivederlo. I miei undici anni furono pieni di sorprese: quell’anno a scuola conobbi Michela. Avete presente la classica secchiona che non stringe amicizia con nessuno? Ecco, all’inizio era così e, ovviamente, il nostro era un rapporto di odio cordiale. Poi accaddero due fatti importanti: ci misero vicine di banco e al primo compito in classe di algebra notai che era in difficoltà, così appena finito il mio l’aiutai con il suo (non chiedetemi come ciò sia potuto accadere, io sono una frana in matematica. Si vede che quel giorno ero ispirata..); divenni “signorina”, come piaceva dire alla mamma, tradotto significa che mi venne il ciclo per la prima volta: gioia e tripudio! Ignara di tutto mi trovai a scuola con dei crampi alla pancia che sembrava qualcuno si stesse divertendo a martellarmi il ventre, andai in bagno e lì: ORRORE! Perdevo sangue, ergo stavo per morire, sì, quello fu il primo pensiero che mi venne in mente e non ditemi che non ci avete pensato anche voi la prima volta. Decisa a fare l’eroina, già in giovane età avevo le manie da martire, non dissi nulla a nessuno. Usai la carta igienica come se fosse un assorbente e rientrai in classe. Suonata la ricreazione mi precipitai in bagno e quando, in lacrime, vidi passare sotto la porta quello che poi avrei saputo essere un assorbente pensai ad un intervento divino che con la voce di Michela mi diceva come usarlo. Da quel momento diventammo inseparabili. Non ci giurammo mai amicizia eterna, non ci tenevamo per mano quando giravamo per la strada pedonale della città, non ci siamo mai dette in continuazione “ti voglio bene”. Non avevamo bisogno di tutto questo: ci bastava uno sguardo per capirci e con gli anni sviluppammo una sorta di sesto senso per cui se una di noi stava male l’altra lo sapeva e si precipitava. Insomma, l’amicizia perfetta. Tutto questo portò la Michela a trascorrere le vacanze con noi, i suoi genitori stavano divorziando non proprio civilmente: ero elettrizzata, dopo mesi di confessioni, descrizioni e foto avrebbe finalmente conosciuto l’amore della mia vita. Ero così carica di speranze e di illusioni. Avevo un anno in più, ero sviluppata e avevo la forza della mia migliore amica con me. Cosa mai avrebbe potuto abbattermi? Evelin. Chi è Evelin?! La simpaticona con cui Kenneth si presentò a casa: ultima aggiunta alla compagnia, aveva capito di amarla nell’istante stesso in cui i loro sguardi si erano incontrati. Peccato che fosse un’oca fatta e finita. Non pensate che il mio giudizio fosse di parte, anche se effettivamente avrebbe potuto portare a casa la Montalcini che avrei pensato la stessa cosa, tutti la pensavano come me, solo che non glielo dicevano. Era una benedizione quando stava zitta sia perché, quando parlava, sparava delle idiozie aberranti sia perché aveva quel tono di voce che generalmente nei film viene attribuito alle svampite. Passava il tempo a truccarsi, spalmarsi di creme e olii e sistemarsi i capelli. Io la odiavo, semplicemente. Monopolizzava Kenneth e trattava tutti dall’alto in basso perché lei era un’attrice! Peccato che il suo ruolo fondamentale era quello di dire una battuta in tutta la rappresentazione. In ogni caso con Michela decidemmo di batterla nel suo stesso campo: a scuola avevamo messo su una rappresentazione teatrale, il mio ruolo era quello di Corifero, il capo del coro. Lei era Euridice, la nostra professoressa di lettere era fissata con i miti greci quindi rappresentammo Orfeo ed Euridice (la storia di un vero e grande amore distrutta da un tragico dolore, la mia battuta iniziale) ed Efesto. Ci divertimmo e considerate che scenografie e testi li facemmo tutti noi. Una sera convincemmo Kenneth a guardare il filmino: ero brava, dannatamente brava, per avere undici anni, la voce non mi tremava, sembrava avessi studiato dizione. Ero sempre in scena e quel peplo confezionato a casa mi stava da dio! Kenneth ci fece i complimenti e ci invitò a continuare su questa strada, Evelin ci liquidò con una smorfia paragonandoci a dei cartoni animati. La fulminai e con una calma che non provavo le dissi: . Rimase senza parole, io continuai a fissarla finché la Michela non mi trascinò via. Nessuno disse nulla ma il giorno dopo di Evelin non c’era traccia e finalmente io avevo il mio Kenneth tutto per me. Passarono gli anni io crescevo e mi innamoravo sempre di più e Kenneth cambiava ragazza ogni tre mesi. All’inizio la gelosia mi divorava ma quando capii che nessuna riusciva a durare più di novanta giorni mi misi il cuore in pace, più o meno. Così, forse perché ero più tranquilla, forse perché effettivamente ero cresciuta, il terzo anno di liceo presi una cotta per Federico: un ragazzo di un anno più grande che frequentava il mio stesso liceo. Fu il mio primo ragazzo ed il primo (e l’ultimo) che si imbatté nella furia di Kenneth. All’epoca la Michela usciva con Saverio che frequentava già l’università, dopo mille insistenze riuscì ad ottenere dai miei il permesso di uscire al sabato sera così organizzammo un’uscita a quattro. Andammo al cinema a vedere la versione restaurata e senza censure de “L’esorcista” poi in un pub dove, per la prima volta, io e la Michela bevemmo vodka alla pesca, sarebbe rimasta per anni la nostra unica bevanda alcolica. Mentre stavamo chiaccherando Saverio si girò verso la Michela e la baciò: io e Federico rimanemmo imbarazzati all’inizio poi lui fece lo stesso con me: il mio primo bacio!!!!!! Bello, dolce e accattivante. Mentre sentivo le campane suonare non sentii più le labbra di Federico sulle mie. Aprii gli occhi e vidi Federico preso per il bavero da Kenneth che lo guardava furioso. Gli disse di mettere giù le mani, che ero solo una bambina. Ora: avevo sedici anni, ero con i miei amici ed il mio ragazzo, voi potete immaginare l’imbarazzo in cui mi trovai? Volevo sprofondare, speravo arrivasse un tornado, un terremoto, una qualsiasi catastrofe naturale che mi impedisse di sopravvivere a quella imbarazzante sceneggiata. Kenneth spinse un Federico costernato da un lato e mi afferrò per il polso ordinandomi di andare a casa. Strattonai il braccio riuscendo a liberarmi: Non finì la frase. Gli tirai uno schiaffo così forte che mi bruciò la mano e con le lacrime appese riuscii solo a dirgli che era uno stupido. Me ne andai piena di umiliazione e di indignazione. Non gli rivolsi la parola per un anno. Continuai ad uscire con Federico per i due anni successivi: lui fu la mia prima volta e lo ricordo ancora con affetto. Con Kenneth ormai era come se fossimo su due binari paralleli che non si sarebbero mai incontrati: l’amicizia di un tempo non esisteva più, eravamo di una cortesia formale quasi imbarazzante. Solo Michela sapeva quanto stavo male ogni volta che sulle pagine dei giornali scandalistici appariva una sua foto insieme all’attriciuccola del momento. Lei era l’unica che raccoglieva i miei sfoghi e li trasformava in forza. Ad un mese dalla maturità mentre eravamo intente a ripassare quel simpaticone di Aristotele (avete mai provato a tradurlo? Beh, non fatelo) accendemmo la televisione e apparve sullo schermo una foto di Kenneth abbracciato ad una donna e la sua voce che annunciava le nozze per il 10 di agosto. Mi sentii morire; credo che il mio cuore perse un battito e che la mia pressione scese ai minimi. Il mio Kenneth si sposava: tutto era perduto. La Michela era terrorizzata: credo abbia pensato mi venisse un infarto. Chiamai mia madre per avere spiegazioni. Mi sembrava strano che non avesse detto nulla a mio padre visto quanto erano amici, quindi c’era ancora una speranza che fosse tutto l’ennesima bufala. Fui smentita da mia madre: lo sapevano da mesi ma avevano preferito non dirmi nulla visto che dovevo prepararmi per la maturità. Doppia umiliazione: Kenneth si sposava e i miei sapevano tutto. Ottimo. Mi buttai sullo studio, non avevo altro: notte e giorno a studiare, china sui libri, quasi mi dimenticavo di mangiare infatti persi 7 chili. Quando la maturità finì mi ritrovai a pensare: . Avevo tutta l’estate davanti e nessun progetto, l’unica cosa che sapevo per certo era che mai sarei andata a quel maledetto matrimonio e che la Michela avrebbe passato le vacanze con Saverio e i genitori di lui. Ma cosa vi ho detto prima? Quando una di noi due ha bisogno l’altra corre: così si presentò la Michela con un pacchetto vacanza per noi due per tutto il mese di agosto ad Ibiza!!!!! Comunicai la decisione ai miei, non chiesi loro il permesso, sapevano che avevo bisogno esattamente di questo e che mai sarei andata a festeggiare Kenneth. La sera prima della partenza mentre ero intenta a preparare la valigia sentì bussare alla porta della mia camera: era lui, bello come il peccato, abbronzato e con una leggera barbetta che lo rendeva ancora più interessante. Deglutii a vuoto facendogli le congratulazioni: Decisi di comportarmi da adulta, quasi… Così dicendo tirai fuori dalla busta del negozio un micro tanga nero: vita bassa e proprio nulla a coprire il “mandolino”. Divenne di tutti i colori finché non disse: Mi afferrò per le braccia stringendo così forte che avevo paura mi lasciasse i segni: Rimanemmo in silenzio a fissarci negli occhi, non eravamo mai stati così vicini, sentii il calore del suo corpo irradiarsi verso il mio, eravamo in affanno come se avessimo corso la maratona e poi accadde l’impensabile: mi baciò. Oh dei! Mi sciolsi, letteralmente, il mio cervello andò in carenza di ossigeno e divenni ebete, incapace di qualsiasi pensiero razionale. Si staccò immediatamente, stordito quanto me e rovinò tutto non appena riprese fiato: Aspetta: voleva liquidare il bacio come se fosse stato una dimostrazione? E di cosa poi?! Rimasi basita e decisi di stoccare la sferzata finale: mi avvicinai fino a parlargli all’orecchio Mi allontanai con lo sguardo fisso sul suo. L’avevo sconvolto: in quel preciso istante capii che nemmeno lui credeva alla storia della bambina da molto tempo ma ci si era rifugiato per chissà quale motivo. Se ne andò senza dire una parola non prima di aver buttato sul mio letto un cd masterizzato con, come copertina, la scritta . Avremmo avuto decisamente qualcosa di cui parlare con la Michela. Passai un mese spettacolare: mare, discoteche, ragazzi.. tutto questo insieme alla mia migliore amica. Passai quasi indenne il dieci agosto ma la sera mi presi una sbronza colossale: mi ritrovai a dormire fino alla sera del giorno successivo. Tornate a casa eravamo cariche e pronte ad iniziare le nostre nuove vite: Michela si iscrisse a biologia ed io iniziai, come sapete, la mia attività. Esattamente un anno dopo Kenneth divorziò e mi chiamò. Desiderava vedermi. Rimasi sorpresa da quella richiesta: non ne capivo il motivo. Era strano da parte sua volermi vedere da sola ma alla fine ci accordammo; sarebbe passato a prendermi al negozio, disse che era curioso di vederlo, e poi saremo andati a prendere un aperitivo. In quel periodo avevo iniziato a frequentare il fiorista da cui mi rifornivo per le decorazioni ed i bouquet: si chiamava Alessio. Carino e simpatico e soprattutto era d’accordo con me sull’essere un po’ più che amici e molto meno che fidanzati. Perciò potevo affermare con sicurezza che la mia vita procedeva bene: il lavoro aveva ingranato ed iniziavo a guadagnare qualcosina, la vita amorosa era piccante e gli amici non mancavano. Insomma, avevo quasi vent’anni ero realizzata professionalmente e me la godevo alla grande. Si sa però che le vecchie abitudini sono dure a morire, così quando lo vidi entrare il mio mondo zuccheroso crollò: considerate che era un anno che non lo vedevo, dalla famosa scena in camera mia. L’unica cosa che avevo fatto era stata di ascoltare all’infinito il cd: tutte canzoni strappalacrime in inglese; non vi dico il lavoro certosino per tradurle, la lingua di Churcill non è proprio nelle mie corde. Michela dopo averne ascoltate due calò la sua sentenza tipo mannaia: <è innamorato di te quello stupido, solo che ha paura di dirtelo e allora si nasconde dietro queste stronzate>. Sì, dentro la Michela c’è uno scaricatore di porto. Negai adducendo il fatto che se fosse stato innamorato di me non si sarebbe di certo sposato con la prima, e qui ometto una parola poco carina, che gli passava davanti. L’amica di tutta una vita mi guardò storto e si arrese: . Giudice e giuria insieme. Non appena varcò la soglia il primo impulso fu quello di corrergli tra le braccia ed invece rimasi al mio posto, dietro la mia fantastica scrivania IKEA seduta sulla mia poltrona dirigenziale sempre made in Svezia. Si avvicinò ed io mi alzai: avete presente quando nei romanzi d’amore parlano di corrente elettrica, magnetismo e pelle d’oca? Siete scettiche? Anche io. Almeno fino a quel pomeriggio. Sembrava che la mia pelle volesse staccarsi dal mio corpo e finire su di lui, divenni sensibilissima a qualsiasi rumore ed in tutto questo i nostri sguardi rimasero incollati. Ero pronta a cedere le armi e a prostrarmi ai suoi piedi quando una vocina dentro di me mi ricordò che lui si era sposato e che, sempre lui, mi aveva umiliato. Non retrocessi ma parlai rompendo l’incanto: Se rimase deluso non lo diede a vedere, si allontanò facendomi riguadagnare prezioso spazio vitale e si mise ad aspettare nel comodo divanetto che avevo comprato per i clienti. Ovviamente mi portò nel mio locale preferito: un pub gestito da due ragazzi poco più grandi di me, con un grazioso cortile all’interno, ideale per chi, come me, amava concedersi una sigaretta di tanto in tanto. Ordinai un Cosmopolitan -ovviamente io e la Michela avevamo scoperto Sex and the City- lui un Martini dry. Rimanemmo in un silenzio imbarazzante per qualche minuto fino a quando non decisi di accendermi una sigaretta: Avete idea di cosa provocò in me quella notizia? No? Vi basti sapere che io quel romanzo lo so a memoria, che sono innamorata di Edward da sempre e che il mio Kenneth me l’ha sempre un po’ ricordato. E Jane ovviamente è la mia eroina per eccellenza. Sapete cosa feci trasparire? Nulla. Lo so il fioraio non era il mio ragazzo ma lui doveva per forza saperlo? Gli andò di traverso il Martini e lì per lì ne fui pienamente soddisfatta ma quando non disse nulla mi resi conto che non stavamo andando da nessuna parte così lo affrontai: Sbottai, per la seconda volta non riuscii a trattenermi. Non rispose ma, proprio mentre mi stavo alzando per andarmene, parlò: Mi alzai e me ne andai. Volete sapere cosa gli diedi? Il suo cd, quello che portavo sempre con me. Se non potevo avere lui non mi sarei accontentata delle sue briciole. I successivi due giorni li passai a piangere tra le braccia di una Michela furiosa con Kenneth, credo che se non gli è venuto un accidente in quei giorni non gli verrà più, passai dall’umiliazione che ancora bruciava alla disperazione, dalla crisi isterica al dolore del mio cuore spezzato, dall’irrazionalità all’apatia. Fino a quando Michela decise che ne aveva avuto abbastanza: mi spogliò ,mi mise sotto la doccia fredda, la odiai in quel momento, mi preparò un bel caffè forte e iniziò ad illustrarmi la sua teoria: Kenneth era una tenia o più comunemente detto verme solitario, uno schifoso parassita che si cibava di me indebolendomi sempre di più e crescendo a dismisura. Secondo lei mi aveva invaso ma la scienza aveva fatto numerosi passi avanti e si poteva eliminare definitivamente. Così iniziai la cura: tolsi dal mio appartamento tutte le foto che ci ritraevano insieme. Smisi di appuntarmi sull’agenda le sue prime, gli spettacoli televisivi a cui avrebbe partecipato e le date del suo tour teatrale. Mi iscrissi in palestra, cambiai pettinatura e cambiai una piccola parte di me. Pensai che in fondo Kenneth aveva ragione: non ero mai cresciuta completamente. L’amore per lui era solo un sogno. Dovevo costruirmi la vita a prescindere da lui. Non lo avrei più aspettato. Così passò un altro anno. Arrivò la sera della prima. Kenneth mandò gli inviti ai miei genitori, a me e alla Michela. Era un’occasione da non perdere: a Londra per la prima di un film! Quando mai mi sarebbe capitata un’altra opportunità simile? Considerando il fatto che la mia attività stava crescendo a livello esponenziale e che l’evento sarebbe andato in onda sul canale cinema di un’importante rete televisiva, la pubblicità era assicurata. La palestra aveva giovato rassodando nei punti giusti così optai per un vestito di seta rossa lungo, senza maniche con uno scollo a barchetta sul davanti molto casto ma che lasciava la schiena completamente nuda. Raccolsi i capelli in un chignon e mi feci truccare da una professionista ed, ovviamente, tacco dodici. Non ero niente male. Ci vennero a prendere due limousine, una per noi ragazze e una per mamma e papà, Kenneth aveva fatto le cose in grande. Non lo avevamo ancora visto: papà ci rassicurò dicendo che i posti erano proprio dietro a quelli di Kenneth e del resto del cast. Immaginate due ragazze di ventidue anni belle come il sole scendere da una limousine alla prima di un film: eravamo frastornate e abbagliate. Quando ci aprirono la portiera e uscimmo dall’auto i paparazzi iniziarono a scattare foto; erano letteralmente in visibilio: due perfette sconosciute tirate a lucido che non si fermavano a parlare con loro. Vi ho detto di come Michela fosse perfetta? Lei è sempre stata più minuta di me e leggermente più bassa così opto per un vestito corto color panna stile anni trenta con trucco e parrucco dell’epoca. Era perfetta. Attraversammo il red carpet come se ci fossimo nate sopra. Non posso parlare per Michela ma in quel momento era tanta la mia voglia di dire che credo avrei camminato sui trampoli senza perdere l’equilibrio. In fondo all’atrio, in prossimità della sala scorsi mio padre abbracciare Kenneth ed in quel momento lui mi vide: mi vide davvero, per la prima volta in vita sua. Vide Melania, la donna che ero e quella che sarei diventata. Ero bella e raffinata e mi sentivo invincibile. Scesi i gradini con la grazia di una dea ed il cuore che pompava a mille. Ah Michela, vi ho già detto quanto l’adori? Si, avevo studiato l’inglese: voi perdereste l’opportunità di parlare con due dei vostri attori preferiti?! Parlammo ancora un po’ poi fummo chiamati in sala: lo spettacolo stava per iniziare. Nel momento esatto in cui Kenneth apparve in scena tutti quelli che mi circondavano sparirono: eccolo lì, l’amore della mia vita in formato gigante intento a dichiarare il suo amore disperato al mondo. Cosa mi impediva di diventare Jane e di immaginare che stesse parlando con me? “Voi...voi, piccolo essere strano e quasi non terreno! E' voi che amo come la mia stessa carne. E a voi...povera e oscura, piccola e semplice come siete...rivolgo la preghiera di accettarmi come marito.” La scena finale fu uno strazio e lì capii: non avrei mai smesso di amare Kenneth, non era una cotta, non era un capriccio. Era amore, quello vero, quello dei libri: sofferto come quello di Jane Eyre, romantico e divertente come quello di Orgoglio e Pregiudizio. Arrivati ai titoli di coda lui si girò verso di me e mi guardò così intensamente che mi mancò il respiro: mi amava anche lui tanto quanto lo amavo anch’io. Ma subito si voltò. Non si sarebbe mai dichiarato: la differenza di età e l’amicizia con mio padre erano per lui ostacoli insormontabili. Si accesero le luci: scrosci di applausi e standing ovation: Kenneth era consacrato, io potevo solo guardarlo da lontano. Ancora una volta lui aveva deciso di voltarmi le spalle. Patetica vero? Forse, ma cosa avreste fatto voi al mio posto? Non l’ho aspettato. Ho avuto le mie esperienze e avrei continuato ad averle; semplicemente io appartenevo a lui, il mio profondo era suo, sul mio cuore e sulla mia anima c’era scritto Kenneth e così sarebbe stato sempre. Gli altri si sarebbero accontentati della superficie di Melania. Andammo alla festa della produzione senza mamma e papà che optarono per una ritirata strategica in hotel. Fu una bella serata ed io mi divertii molto, soprattutto con Jonathan, nel terrazzo del ristorante…dietro non so più quale pianta… Ok, potevo evitarmela, me l’ha detto anche Michela, ma consideriamo i fattori: attore, figo, senza impegno, champagne a fiumi e cuore spezzato. Grazie. Comunque alla fine tornammo in hotel stanche e leggermente alticce. Decisi di farmi una doccia prima di mettermi a letto così quando bussarono alla porta, pensando fosse Michela, andai ad aprire in mutandine e basta. Vi ricordate il vestito? Non potevo mica indossare il reggiseno! Peccato fosse Kenneth molto molto arrabbiato. Mi infiali l’accappatoio, poi mi riebbi: >E’ diverso Melania…> Mi afferrò per le spalle e mi baciò spazzando via qualsiasi cosa: mi aggrappai a lui come se ne andasse della mia vita. Mi divorava le labbra e l’anima. Era un bacio disperato, appassionato. Mettemmo in quel bacio tutti i nostri sentimenti: l’amore, la rabbia, la frustrazione. Fu un lento e straziante addio, quasi non mi accorsi di quando se ne andò portandosi via la parte più viva di me. Passarono i mesi la Michela si laureò a pieni voti e decise di continuare con la specialistica. Io mi buttai a capofitto nel lavoro. Riuscii a stringere accordi commerciali molto vantaggiosi, aprii altri due negozi in franchising e feci una piccola apparizione in tv in un programma specializzato in matrimoni. Gli affari andavano benissimo così decisi di prendere un assistente ed una segretaria: David ed Elisa: giovani, efficienti e con un sacco di voglia di imparare. Si avvicinava l’anniversario dei miei e quindi le vacanze estive decisi così di fare loro un regalo: il viaggio di nozze che non avevano mai potuto fare. Prenotai due posti per una crociera super mega lusso; avevo i soldi, se non li spendevo per chi amavo per cos’altro avrei dovuto spenderli?! Obbligai mia madre a fare shopping: ha la stessa avversione degli uomini… Li imbarcai e decisi su due piedi di fare anche io quindici giorni di ferie. Ero avanti con il lavoro e David ed Elisa erano in grado di cavarsela perfettamente. Chiesi alla Michela se volesse venire con me ma disse di no: doveva studiare e studiare e studiare. Chiusi casa e prima di andarmene passai dai miei per un ultimo controllo. Stavo per uscire quando suonò il telefono, non so perché ma decisi di rispondere: Non potevo farlo venire a casa. Dovevo incontrarlo in mezzo alla gente, dove non c’era pericolo. Chiamai la Michela per dirle che se non si fosse dichiarato mi sarei autoimposta di smettere di amarlo. Siamo giunti all’apertura della storia. Il viaggio verso la casa al mare, fu piacevole: la mia Lancia Y era il mio piccolo sogno diventato realtà. Chiusi l’aria condizionata e aprii il finestrino, il vento tra i capelli e la mia musica preferita tutta intorno a me, mi sentivo spensierata. La chiaccherata con Michela aveva dato i suoi frutti: dopo i primi improperi iniziali la mia amica era tornata padrona di sé e pronta a rendersi utile; la mia idea era quella di restituirgli la sua roba e andarmene, l’eroina romantica per eccellenza, senza mai voltarmi indietro; l’idea della Michela era completamente diversa: dovevo dichiararmi! Urlare il mio amore, dirgli che non mi importava dell’età o di mio padre. Solo dopo, se lui non avesse battuto ciglio, me ne sarei dovuta andare ma questa volta proprio per sempre. Poteva funzionare, anche perché avevo già un piano di fuga: la Michela aveva vinto una borsa di studio alla Sorbona al CNRS (centro nazionale della ricerca scientifica) io avevo comunque già pensato di andare con lei per vedere se potevo espandermi anche all’estero, pensavo molto in grande, quindi in caso di defezione da parte di Kenneth -l’ennesima- sarei potuta sparire per un po’. Arrivai nel primo pomeriggio, così ebbi il tempo di aprire casa e di farmi un bagno. Vi ho già detto quanto amo il mare? È la cosa più bella che esista con tutti i suoi colori e tutta la vita che porta dentro di sé. Ha il potere di tranquillizzarmi e di infondermi energia. Vedo tutto più chiaramente in presenza del mare. Mi depura, mi fa rinascere. Immersa nell’acqua mi sento in un altro mondo. Al rientro a casa mi fermai al minimarket: dovevo festeggiare la pazzia che avrei commesso l’indomani così presi una bottiglia di vino bianco. Arrivata misi il vino in fresco e andai a farmi una doccia calda: avevo sistemato le mie cose in camera dei miei genitori e fu lì che trovai l’album dei ricordi di mia madre. Lo presi e mi recai in cucina a prendere il vino, iniziai a sorseggiarlo sfogliando l’album: mamma e papà da fidanzati, qualche foto del matrimonio e poi eccolo: Kenneth quindicenne ancora ragazzino ma già con le fattezze dell’uomo che sarebbe diventato; e poi ecco me nuda come un verme in braccio ad un Kenneth terrorizzato. Scoppiai a ridere: a sei mesi e a ventitré anni gli facevo esattamente lo stesso effetto. Mi svegliai sul divano intorno alle due del pomeriggio: il tempo minacciava pioggia ma decisi comunque di scendere in spiaggia, del resto l’appuntamento con Kenneth era alla spiaggetta molto più facilmente raggiungibile dalla spiaggia che da casa. Verso le quattro e mezza iniziarono a scendere le prime gocce di pioggia così decisi di avviarmi verso il luogo dell’incontro: era una piccola insenatura e per arrivarci bisogna attraversare una galleria naturale che dalla spiaggia grande portava appunto alla spiaggetta. Non ho istinti suicidi perciò non ci sarei mai andata se avessi saputo che la pioggerillina si sarebbe trasformata in un temporale estivo con tanto di fulmini, tuoni, vento e uno scroscio d’acqua che ti impediva di vedere ad un metro da te. Questa comunque fu la situazione che trovai all’uscita della galleria: non potevo tornare indietro perché il mare si era ingrossato arrivando alla galleria e la corrente era forte così optai per la soluzione più complicata ma più sicura: dall’insenatura partiva un sentiero di circa due chilometri che portava al centro del paese, se fossi riuscita a percorrerlo sarei potuta tornare a casa. Pensai a Kenneth ma quando guardai l’ora notai che erano le cinque passate, non era venuto, probabilmente per colpa del tempo. Pensai di mandargli un messaggio ma mi accorsi di aver dimenticato il cellulare a casa così mi incamminai. Il cielo era così scuro che pareva fosse notte e sinceramente ebbi paura, il sentiero stava diventando fango e le infradito non erano il massimo per camminare, per di più ero carica delle cose di Kenneth e la pioggia non accennava a smettere. Alla fine ce la feci: quando arrivai in piazza ero talmente stanca che mi tremavano le gambe. Percorsi i pochi metri che mi separavano da casa con un groppo in gola. Quando, finalmente, mi chiusi la porta alle spalle iniziai a singhiozzare: ero salva! O almeno così credevo: non feci in tempo a posare le cose per terra che mi sentii afferrare per le spalle: Guardai Kenneth ma non riuscii a proferire verbo. Allora ripresi controllo di me, mi allontanai da lui avvicinandomi alla cucina. Volevo accendere la luce, non mi fidavo a stare al buio con lui. Ma quando si dice il destino… La luce era saltata così accesi delle candele e poi mi voltai a guardarlo. Sembrava veramente sconvolto così cercai di tranquillizzarlo. Mi prese il viso tra le mani: Parlava e mi tastava: le braccia, il viso, i fianchi voleva assicurarsi che stessi bene ma quello che stava dicendo andava ben oltre: Mi tolse il pareo che era zuppo, quando iniziò a slacciarmi il reggiseno del costume lo lasciai fare: non appena i miei seni furono liberi si fermò e mi guardò. Non so dirvi quante emozioni scorsi nei suoi occhi, ma posso dirvi che vidi amore e determinazione. La paura di perdermi si dimostrò più forte della differenza d’età e dell’idea di mio padre. Mi baciò e finalmente lo disse: E lo fece, per tutta la notte e buona parte della mattina. Fu un amante perfetto: era forte e dolce, era dominante e sapeva esattamente tutto quello che mi piaceva ancor prima che glielo dicessi. Era come avevo sempre sognato, anzi, la realtà superava di gran lunga l’immaginazione. Passammo quindici giorni meravigliosi: facemmo l’amore, parlammo, andammo al mare. Un sogno. Come tutti i sogni finì. Si doveva tornare alla realtà e non ero ancora del tutto sicura che saremmo riusciti a superarla. Decidemmo di andare a prendere i miei genitori di ritorno dalla crociera insieme. Credo di aver fumato una decina di sigarette in solo un’ora, Kenneth almeno un pacchetto. Quando li scorsi in mezzo alla folla mano nella mano come due fidanzatini mi vennero le lacrime agli occhi: era così bello vedere i miei genitori così innamorati! Fu allora che Kenneth prese la sua decisione: mi guardò, mi sorrise intrecciando la sua mano alla mia e mi baciò. Fu un bacio lieve, a fior di labbra ma che aveva un significato così importante da mozzarmi il fiato. Voltandoci di nuovo verso i miei genitori li trovammo a pochi metri da noi immobili. Sono stati i momenti più brutti della mia vita. Fu mio padre a fare il primo passo: venne verso di noi e ci abbracciò, poi fu il turno della mamma. Mi resi conto solo dopo di aver trattenuto il fiato fino a quel momento e a quanto pare non ero stata l’unica visto quello che mio padre disse a Kenneth: Sì, per papà e mamma sono una principessa! La fortuna di essere figlia unica! Volete sapere come andò a finire? Beh, potete vederlo da voi! Ci sposammo quattro mesi dopo; organizzai il mio matrimonio in pochissimo tempo ma il risultato fu superbo! E presto mamma e papà si sentiranno chiamare nonni da due piccole pesti! Ora capite perché il seminario di oggi si è tenuto con la relatrice seduta, con questa pancia ho un equilibrio molto precario! “Donne: amore, famiglia e carriera. Inconciliabile?” Questo era il titolo del seminario di oggi. Vi ho raccontato la mia storia per farvi capire che se credete veramente in qualcosa lotterete con le unghie e con i denti per ottenerla. Non fatevi abbattere da nulla e da nessuno. Noi donne siamo una forza della natura anche sotto mille avversità. Cadrete e vi rialzerete e sarete da esempio per le vostre figlie e per le generazioni future. Amate voi stesse al massimo e non accontentatevi di chi vi ama meno di quanto meritiate. Questa è la mia storia, adesso tocca a voi scrivere la vostra.