martedì 29 luglio 2014

Scrittori solitari e felici

Stasera sul treno ho pensato molto (solo perchè avevo finito di leggere il libro...) e sono giunta a questa conclusione: gli scrittori sono le persone più solitarie e felici di esserlo al mondo. Solitarie perché per scrivere gli scrittori devono stare da soli, senza nessuno intorno. Felici perché sono soli nel loro mondo e nella mente di uno scrittore non si è mai soli. Ci sono i nostri personaggi, i nostri luoghi, le nostre storie... Ho ripetuto molte volte la parola "soli" e non è un caso. La solitudine, l'essere soli... credo sia fondamentale per uno scrittore. E posso dire che è anche bella? Riuscire ad isolarsi da tutto e da tutti è stupefacente. Stupendo e stupefacente. Ancora mi stupisco quando ritorno alla realtà e vedo che sono passate ore. Il ricordo del tempo passato in compagnia dei miei personaggi mi accompagna durante tutta la giornata. Rifugiarsi, avere una casa sicura dentro se stessi.... e farci entrare solo chi desideri tu. Ci sono dei lati negativi? Sì, come in tutte le cose. Chiudersi nella propria realtà può farci perdere qualcosa di importante nella vita fuori. Possiamo non apprezzare persone e situazioni come dovremmo perché non corrispondono agli ideali che abbiamo noi nel nostro mondo. Dovremmo essere in grado di dividerci in due (con tutti i rischi che questo comporta)ma purtroppo molto spesso la vera realtà è fonte di così tante delusioni che non si può rimanerci a lungo. Io non ci riesco. E forse tutti gli scrittori sono un po' matti, sopra le righe, passionali, folli, impetuosi.... Non siamo bellissimi?!

lunedì 28 luglio 2014

Ricordi...

Vi siete mai chiesti perché siete così attaccati ad un luogo? Alcuni perché hanno  gli amici, altri perché ci hanno trascorso l'infanzia, o ancora perché si mangia bene, perché ci si passa le ferie....
Quante volte dopo giorni, mesi, anni risentiamo un profumo e veniamo assaliti dai ricordi? Quante volte sentendo parlare di quel posto la malinconia si impadronisce di noi riportandoci indietro nel tempo?
Quante lacrime abbiamo versato nel ripensare alle emozioni che quel luogo ci ha fatto provare? 
Ma vi siete mai chiesti se fosse il posto che vi manca o voi stessi? Avete mai pensato che la malinconia, la felicità, la tristezza, la gioia sia per come voi siete in quel determinato luogo e non per il posto in sé? Se riusciste a portare con voi ogni giorno un po' di come siete quando siete là non rivivreste le stesse sensazioni? Abbiamo bisogno di foto, di canzoni, di profumi per essere felici? Se invece la nostra mente, il nostro cuore, la nostra anima si focalizzasse su come siamo noi rapportati ad un certo luogo forse questa inquietudine e questo malessere che ci portiamo dietro sparirebbero. E allora non avrebbe importanza dove si è perché alla fine quel luogo sarebbe dentro di noi, alla fine quel luogo saremmo noi stessi.

venerdì 25 luglio 2014

Giveaway

"http://emozioni-in-font.blogspot.it/2014/07/giveaway.html" Bellissimo blog e bellissima iniziativa!! Partecipate numerosi, in palio 9 romanzi tra cui il mio!!!!!! Ottima lettura a tutti!!!

Ecco come promesso l'intervista!

giovedì 24 luglio 2014

Intervista per Radio Vortice

Ho da poco registrato la prima intervista per una radio online Radio Vortice. Ero emozionata ed imbarazzata... Parlare del libro è parlare di me. Spero e credo che questo sia venuto fuori durante l'intervista. Ho apprezzato lo stile di Giovanni Bozza nel pormi le domande: non solo perché è riuscito a mettermi a mio agio ma perché, pur non avendo letto il libro per essere libero di fare domande a braccio, è riuscito a cogliere lo spirito del romanzo e soprattutto il mio. Mi ha lasciato parlare, ha ascoltato quando raccontavo del libro, del perché è stato scritto e del come.
Non amo farmi pubblicità; l'ideale sarebbe il passaparola per me. Anche qui nel blog chi mi segue vede che scrivo più dei miei pensieri che dei miei libri. Vorrei farmi conoscere come persona e riuscire a incuriosire chi legge i post piuttosto che pubblicare massivamente link per l'acquisto e quant'altro. L'intervista è riuscita a farmi parlare del libro attraverso me stessa. Di questo ovviamente devo, ancora una volta, ringraziare Giovanni. 
Domani dovrebbe essere on line e in questo caso posterò il link.... Spero vi piaccia, spero vi incuriosisca e conto sui vostri commenti!!!!


sabato 19 luglio 2014

Eroi di oggi

Settimana di incubi e riflessioni.... Come mai alcune persone si ritengono superiori ad altre? C'è chi si ritiene superiore per cultura, per classe sociale, per diritto di nascita, per religione, per politica, per etnia. Chi si ritiene superiore per intelligenza, per bellezza. Altri ancora perché si ritengono vip.... 
Chi di noi almeno una volta nella vita non si è ritenuto superiore a qualcuno? A me è capito alcune volte. Anche se più che superiore mi sono giudicata migliore: ovvero, a parità io sono migliore di te in alcune cose. Una parola può fare una differenza enorme.
Quotidianamente mi trovo purtroppo ad avere a che fare con individui che si ritengo superiori solo per il fatto di essere loro. Tanti "Re Sole" superiori per diritto divino. 
Ho riflettuto molto su queste ipotesi e da qui si sta sviluppando meglio il protagonista del mio romanzo. Doukas, il fratello scapestrato, affronterà questa battaglia interiore e si troverà a dover fare i conti con se stesso prima ancora che con la protagonista femminile. 
Ho sempre pensato che la vita quotidiana fosse la massima ispiratrice per scrivere e che la fantasia riuscisse a mettere nella giusta prospettiva le cose. Sembra un paradosso vero? Eppure è così: i saggi storici, filosofici, gli studi sull'umanità, i romanzi, le biografie.... Tutto alla fine si riduce a comportamenti sociali, interazioni, tutto è riconducibile all'umanita. 
Soprattutto alle sue debolezze; alla fine sono proprio queste che ci fanno amare. Nessuno è affascinato dal personaggio irreprensibile. Anche l'eroe cede, anche lui è debole, anche lui cade. E quali sono gli eroi più amati? Quelli più UMANI. Quelli che cadono e si rialzano. 
Sì, sarà questo il tema del prossimo romanzo.  
Il tema del primo era la fiducia e la presa di coscienza delle proprie capacità; il tema del secondo sarà l'umanità dell'eroe. Il tema principe quindi sará sempre la RINASCITA.
Mi aspetta molto lavoro sul libro e di nuovo su me stessa.

domenica 13 luglio 2014

L'artista che è in me

Stasera mi sentivo febbricitante e le mani non riuscivano a stare ferme... questo è il risultato.... a voi...per voi...

sabato 12 luglio 2014

#La nostra storia - 20 lines

Vi voglio regalare un'altra storia scritta per 20lines. Questa sono io, o meglio, una parte di me.... Dopo la brutta separazione da mio marito non mi rimanevano forze se non per una vacanza rilassante. Così quando mi trovai in quella spiaggia sperduta ne fui solo che felice. L'ostacolo nel non parlare la lingua non era tale in realtà perché volevo starmene per i fatti miei e basta. Una mattina, mentre ero intenta a prendere il sole sul lettino mi ritrovai per terra nel giro di un battito di ciglia, travolta da qualcuno che non avevo nemmeno visto. Mi chiese qualcosa nella sua lingua, anche se non capii il mio subconscio riconobbe la voce. Quando riuscii a tirarmi su non senza un aiuto da parte dello sconosciuto lo riconobbi subito: il mio idolo, il mio cantante preferito era lì in piedi di fronte a me. Era vero che non capivo la sua lingua ma il timbro della voce e la musica che l'accompagnava mi facevano venire i brividi. Lo salutai nella mia lingua e con mia sorpresa scoprii che mi capiva. Fu un attimo, ci mettemmo a parlare e le ore passarono. Mi chiese se volevo cenare con lui, non fu una sorpresa per nessuno dei due il mio sì quasi urlato. Ero nervosa ed eccitata come una ragazzina al suo primo appuntamento. Quando lo vidi mi parve un dio, era semplicemente perfetto. Dovetti fare un'ottima impressione anch'io perché non mi staccò gli occhi di dosso per tutto il tempo. Arrivati al ristorante mi mise possessivamente una mano dietro la schiena, quando ci sedemmo la sua mano incontrò la mia sotto il tavolo, la strinse e la portò delicatamente alle labbra. Si accese un fuoco tra di noi. Sapevamo entrambi come sarebbe finita la serata ma l'attesa era così carica di promesse che decidemmo di prolungarla. Fu riconosciuto al ristorante, gli chiesero autografi e foto; una fan più sfacciata gli chiese chi fossi io (almeno così mi parve visto che mi indicò) non capii la risposta ma dall'espressione della ragazza intuii che non le piacque affatto. Giungemmo alla fine della cena i miei sensi erano così accesi che sentivo il mio cuore battere all'impazzata contro il mio petto. I suoi occhi erano magneti, le sue mani erano giochi indecenti. Non potevamo attendere oltre. Raggiungemmo la mia stanza e la passione divampò. Finalmente nudi e liberi da qualsiasi inibizione, due estranei attratti l'uno all'altro da una forza più grande di loro. Ci consumammo: le labbra divoravano, i denti mordevano, i fianchi smaniosi sbattevano l'uno contro l'altro. Finivamo e dovevamo iniziare di nuovo. Non ci bastava mai, era troppo e troppo poco. L'estasi era ogni volta maggiore e mai sufficiente. Le mani non riuscivano a stare ferme, la lingua voleva assaggiare ancora e ancora. La mattina ci trovò ansimanti e abbracciati. Mi voltai a guardarlo e nei suoi occhi intravidi i miei stessi pensieri: com'era possibile essere così vicini? Che cos'era questo sensazione nel petto? D'improvviso si mise sopra di me e mi baciò; un bacio lento e sensuale che sembrava adorarmi. Mi fece sua con dolcezza e fu questo a spingermi nel baratro. I successivi quindi giorni furono perfetti, eravamo sempre insieme per parlare e per fare l'amore. Mi trasferii a casa sua per tutto il periodo della mia vacanza. Non parlammo mai di come ci saremo comportati al momento dell'addio. Io avevo troppa paura di spingermi in un'altra relazione stabile. Lui aveva paura di chiedere un cambiamento radicale della mia vita. Arrivò il giorno della partenza. Non piansi. Preparai le valigie con una cura quasi ossessiva mentre lui mi guardava con un'espressione indecifrabile sul viso. Credo di non averlo mai visto così bello. Era chiaro che voleva dirmi qualcosa ma avevo il terrore di chiedere. Se mi fossi sbagliata e avessi frainteso i suoi sentimenti nei miei confronti avrei provato il dolore vero da cui non mi sarei mai più ripresa. Rimanemmo in silenzio sino all'aeroporto. Le mie mani tremavano, i miei occhi minacciavano di tradirmi riempendosi di lacrime. Lo guardai e gli dissi di andarsene, il check in era fatto e non avrebbe potuto accompagnarmi più in là. Mi diede un casto bacio sulla guancia e se ne andò e con lui il mio cuore. Non appena mi sedetti le lacrime iniziarono a sgorgare, erano silenziose e amare. Potevo cercare di vedere il lato positivo: erano stati in assoluto i quindici giorni più belli di tutta la mia vita, ma sarebbe bastato il loro ricordo? Sarei riuscita ad ascoltare la sua voce senza pensare a quando a letto cantava per me? Avrei dovuto rinunciare a tutto di lui? O con il tempo sarei guarita? No, non potevo guarire da lui. Tornata alla vita di tutti i giorni mi buttai a capo fitto sul lavoro. Meno pensavo e meglio stavo. Qualche uscita con amici poco cibo e molto alcool. Finché il fisico avesse retto sarei andata avanti così. Non ascoltai più le sue canzoni. Lessi del suo nuovo album, lessi che scrisse una canzone nella mia lingua ma non andai oltre. Faceva troppo male. Per il mio compleanno gli amici mi regalarono il biglietto per il suo concerto. Feci finta di nulla ma non ci andai. E come avrei potuto? Una domenica mentre ero intenta a bere il caffè del mattino suonarono alla porta. Era lui, stravolto e con gli occhi tristi. Mi afferrò per le spalle e mi spinse contro la parete. La sua bocca fu sulla mia e ci perdemmo. Non esisteva più nulla eccetto noi che diventammo una cosa sola di nuovo e ancora. Mi disse che non aveva mai voluto me ne andassi ma che, vedendomi così risoluta, aveva pensato di aver frainteso i miei sentimenti. Aveva scritto una canzone per me però, non l'avevo ascoltata? No, gli risposi. Dopo la mia partenza mi ero rifiutata di ascoltare la sua bellissima voce. Ci amammo per tutto il giorno consci solo del nostro amore. Finalmente pronunciammo le due parole fatali: ti amo. Ci condannammo consciamente. Lasciai il lavoro, la casa e salutai gli amici. La mia vita era con lui in qualsiasi parte del mondo. Fummo nominati la coppia più bella e affiatata nel mondo della musica. Conducevamo vita ritirata, non ci piaceva il jet set. Per questo quando il paparazzo mi vide che uscivo da un negozio quasi al termine della gravidanza si levò un boato in tutte le testate giornalistiche. Con la bambina appena nata non potei seguirlo durante l'ultima tappa del tour nella capitale. Quando la mattina lo vidi al telegiornale seminudo insieme a una sua fan le gambe mi cedettero di colpo. Non so come ma riuscii ad arrivare in bagno e vomitai. La tata che era con me portò la bambina nella sua stanza e mi stette vicino fino a quando non si aprì la porta di casa. Era trafelato, voleva sapere cosa avessi visto e se qualche giornalista mi avesse contattato. Non gli risposi. Gli sputai in faccia e mi chiusi a chiave nella camera della bambina. Non mi seguii, mi urlò dietro che avrebbe chiarito la faccenda. La mattina successiva trovai un biglietto sotto la porta: era uscito ma sarebbe ritornato con tutte le prove di cui pensava avessi bisogno. Un tarlo mi rodeva in testa ma non capivo cosa fosse. Accesi la televisione sperando che mandassero in onda quella famosa scena e così fu: ecco la nota stonata. La fan era la stessa del ristorante e lui aveva in mano una bottiglia di birra. Ma lui non beveva birra, mai. Gli mandai un messaggio chiedendogli di tornare a casa. Non appena varcò la soglia gli corsi incontro e lo baciai: doveva capire che gli credevo a prescindere da quello che potesse dirmi. Venne fuori che dopo il concerto la fan si era intrufolata nel camerino e l'aveva drogato. Dopo si era fatta una foto con lei a cavalcioni e l'aveva spedita a tutti i giornali. Il problema era che la pazza era introvabile. Assunse delle guardie del corpo, annullò tutti i suoi impegni. Vivemmo nella paura per un mese. Una mattina, anche se perfettamente conscia del pericolo, decisi di andare a fare una nuotata. Uscita dall'acqua la trovai di fronte a me intenta a puntarmi addosso una pistola. Rimasi immobile. Non mi passò tutta la vita davanti. Dentro di me crebbe la rabbia, una rabbia cieca che cercai di non far trasparire. Si avvicinò decisa a insultarmi e a buttare fuori parole di veleno. Lui era suo ed io glielo avevo portato via. Volevo sapere cosa le rispose al ristorante? Le disse che io ero il suo amore. Da allora mi aveva odiato. Mi disse che le avevo portato via non solo lui ma anche sua figlia, strappandogliela dal ventre e facendo credere a tutti che fosse mia. Mi costrinse a mettermi in ginocchio. Non so se fu la rabbia o una fredda determinazione a non perdere tutto ciò che amavo, ma reagii. Aspettati che si avvicinasse di più e poi le tirai un calcio alla caviglia. Perse l'equilibrio e la pistola. Mi gettai su di lei e iniziai a colpirla. Solo quando giunsero le guardie del corpo strappandomi via da lei realizzai che l'avevo quasi uccisa. Chiamammo la polizia, ovviamente mi portarono con loro. Fecero tutti gli accertamenti del caso. Ci fu un'inchiesta e si arrivò al processo. Si concluse con un anno di lavori socialmente utili per me e quindici anni di reclusione per lei. Se possibile tutto questo ci fece innamorare ancora di più. Lui capii che ero forte e pronta a difendere la nostra famiglia con le unghie e con i denti, io capii che lui mi amava sopra ogni cosa e che mai mi avrebbe fatto del male. Trascorremmo anni meravigliosi insieme ai nostri figli e dopo insieme ai nostri nipotini. L'amore che ci aveva trovato quell'estate di tanti anni fa crebbe insieme a noi. Quando lui morì capii che senza di lui non potevo esistere. Per questo ho scritto la nostra storia. Questa è la testimonianza del nostro amore. Non siate tristi ragazzi miei. L'anima non può rimanere a lungo separata dalla sua essenza.

domenica 6 luglio 2014

#La prima volta - Eleven moore

Questo è il mio racconto, la mia storia vera.... se vi piace potete votarlo a questo link http://it.20lines.com/read/75784/eleven-more Nel mentre godetevi la storia Eleven more Chiara Gentili La prima volta che ci incontrammo ero così presa dal mio mondo che non lo notai nemmeno. Era estate e ai bagni era in atto il torneo di pallavolo; così di pomeriggio con la mia amica ci sedevamo ai tavolini a guardare gli altri giocare. Non me ne accorsi subito ma quando arrivai a casa la mia borsa era piena di pietre. Capii subito chi fosse l'autore. Non so ancora spiegarmi come fossi così sicura che fosse stato lui. Il giorno dopo caricai la borsa di tutte le pietre, arrivata in spiaggia lo chiamai, non sapeva il mio nome, ma si giró: gli lanciai la borsa e scoppiamo a ridere. Fu allora che nacque tutto. Era bello ed era tanto tanto uomo, troppo per me che ero solo una ragazzina. Me lo disse subito ma insistetti, non molto a dire la verità; lo amai disperatamente come solo un'adolescente alle prese con il primo amore può fare; lui era tutto e io ero ai suoi piedi. Ero gelosa, possessiva: era mio e guai a quelle che gli ronzavano intorno e credetemi erano tante... Fu un'estate meravigliosa, stavamo sempre insieme, inseparabili. Lui che continuava a trattarmi come una bambina ed io sempre più persa nei suoi meravigliosi occhi. I suoi amici, tutti l'avevano capito ma non mi importava. Niente importava. Passavano i giorni, il mio rientro a casa, esattamente a milleduecento chilometri di distanza, si avvicina e nulla riusciva a smuoverlo: "Sono troppo grande per te, e poi la distanza è tanta Chiaricè". Mi struggevo. Possibile che non capisse che eravamo fatti l'uno per l'altra? Era per caso cieco??? Lo osservavo mentre parlava con le ragazze più grandi, cercavo di essere come loro, di atteggiarmi a donna vissuta ma per uno sguardo languido che riuscivo a fare dieci non mi venivano. Non ero naturale e questo mi faceva apparire ancora più ridicola. Finché smisi. Non perché mi arresi sia chiaro: semplicemente decisi che sarei cresciuta e glielo avrei dimostrato. Lui mi abbracciava, mi prendeva il gelato, controllava con chi parlavo, mi faceva uscire con lui la sera, mi guardava, mi teneva la mano... Non gli ero indifferente; apprezzava anche la mia bella testolina ma tant'è la storia dell'età era sempre in mezzo a noi, come un macigno che no si riesce a spostare. Alla fine il temuto ultimo giorno arrivó: dovevo prepararmi, andai via dalla spiaggia prima del solito con la sua promessa che mi avrebbe portato a mangiare fuori solo noi due per la mia ultima sera. Ero bella, la mia carnagione naturale brillava grazie all'abbronzatura. Lasciai i capelli schiariti dal sole sciolti, non mi truccai non volevo, non ne avevo bisogno. Il punto forte era il vestito. Lungo a sirena, color crema e di pizzo. Una leggera sottoveste dello stesso colore fungeva da barriera tra me e il prezioso tessuto. Mi sentivo una principessa, ero triste, ero nervosa, ero eccitata... E alla fine lui giunse: lo vidi per prima nascosta dietro la porta della camera da letto; indossava dei pantaloni scuri ed una camicia azzurra che gli fasciava il petto muscoloso, le maniche arrotolate.. Era un sogno e almeno per qualche ora sarebbe stato solo mio. Quello che non avevo previsto era la sua reazione a me. Il suo sguardo mi brució l'anima,i suoi occhi mi scrutarono nel profondo e capimmo tutti e due che non ci sarebbe stato nessun altro. Scesi le scale tremante con gli occhi piantati nei suoi, mi prese la mano. Non proferimmo parola, nulla poteva descrivere quello che stava scorrendo tra di noi. Salimmo in auto, ancora in silenzio. Ero decisa a godermi la serata perciò presi coraggio ed iniziai a parlare: parlai, parlai, parlai... Lui ascoltava, annuiva, sorrideva ma non proferiva verbo. Pagó il conto e invece di fare una passeggiata sul lungo mare come mi aveva promesso salimmo in auto: voleva già portarmi a casa? Gli occhi mi si riempirono di lacrime; iniziai ad odiarlo: perché doveva umiliarmi così? Continuava a tacere, dentro di me il cuore si sbriciolava. Non mi accorsi dove fossimo finché non fermó l'auto e scese. Non era casa mia, era casa sua. Salimmo e mi fece accomodare in salotto. Preparó il caffè e si accese una sigaretta sempre rimanendo in silenzio. I miei occhi erano lucidi, il mio cuore carico di speranze. Spense la sigaretta e mi si avvicinò, accese lo stereo con il telecomando e mi invitó a ballare. Voi non riuscirete mai a capire quello che provai in quel momento: ero in estasi, avevo bevuto ambrosia. Volteggiano per la stanza, non mi accorsi dello scorrere del tempo, ero tra le sue braccia il resto non esisteva. Si fermó e mi guardó: "Piccola..." Mi baciò prudente, quasi mi sfiorò le labbra: ma ne volevo di più. Gli buttai le braccia al collo, rimase sorpreso per un istante: i secondi più lunghi della mia vita; e se mi avesse respinto?! Ma subito dopo mi strinse a sé e prese possesso delle mie labbra, dolcemente le fece dischiudere e inizió il mio primo vero bacio. Lo stomaco in fiamme, il cuore che batteva all'impazzata, le mi mani che non riuscivano a stare ferme. La sua pazienza, la sua dolcezza, le sue parole... "Piccola hai delle labbra meravigliose..." Mi abbracció e mi tenne stretta a sè: smaniavo per avere di più senza sapere nemmeno cosa fosse questo "Sei speciale piccola, ma sono sempre eleven more..." Giunse l'ora di tornare a casa, le labbra ancora pulsanti e la mente carica di nuove sensazioni: facemmo una foto abbracciati stretti e sorridenti. Mi salutó con un bacio sulla fronte ed una promessa nello sguardo. Gli scrissi il giorno stesso in cui arrivai a casa. Ancora non esistevano mail o cellulari.... Lunghe lettere e lunghe telefonate... Fu un anno lunghissimo ma arrivó l'estate: l'avrei rivisto. Purtroppo. Ogni sera lo vedevo con una ragazza diversa, io non esistevo più; se non mi evitava mi prendeva in giro. Piansi tutte le lacrime che avevo. Tutte le telefonate, le lettere.... I miei timidi "ti voglio bene" ed i suoi "anch'io" non significavano nulla. Feci la cosa più stupida: mi misi con un ragazzo a cui piacevo e ignorai il mio amore. Furono 2 mesi d'inferno ma servirono. Un pomeriggio mentre tornavo dal mare mi si accostò in auto: "Sali" Lo feci. Mi portò al e mi reclamò. Ero sua, lo sapevamo entrambi. Rabbia, desiderio e amore. Potevamo combatterlo ma era il pronto a consumarci o a renderci felici. Dipendeva solo da noi. Dopo quell'estate non lo rividi mai più. Ci sentiamo ancora, sempre: messaggi, Facebook, telefonate... Ricordiamo quello che eravamo e rimpiangiamo quello che saremo potuti essere insieme. Ci amiamo, ma a volte l'amore non basta. Eleven more è la mia prima volta è sarà sempre il mio primo rimpianto.