lunedì 11 agosto 2014

Estratto da Sogni d'amore

"I successivi due giorni li passai a piangere tra le braccia di una Michela furiosa con Kenneth, credo che se non gli è venuto un accidente in quei giorni non gli verrà più, passai dall’umiliazione che ancora bruciava alla disperazione, dalla crisi isterica al dolore del mio cuore spezzato, dall’irrazionalità all’apatia. Fino a quando Michela decise che ne aveva avuto abbastanza: mi spogliò ,mi mise sotto la doccia fredda, la odiai in quel momento, mi preparò un bel caffè forte e iniziò ad illustrarmi la sua teoria: Kenneth era una tenia o più comunemente detto verme solitario, uno schifoso parassita che si cibava di me indebolendomi sempre di più e crescendo a dismisura. Secondo lei mi aveva invaso ma la scienza aveva fatto numerosi passi avanti e si poteva eliminare definitivamente. Così iniziai la cura: tolsi dal mio appartamento tutte le foto che ci ritraevano insieme. Smisi di appuntarmi sull’agenda le sue prime, gli spettacoli televisivi a cui avrebbe partecipato e le date del suo tour teatrale. Mi iscrissi in palestra, cambiai pettinatura e cambiai una piccola parte di me. Pensai che in fondo Kenneth aveva ragione: non ero mai cresciuta completamente. L’amore per lui era solo un sogno. Dovevo costruirmi la vita a prescindere da lui. Non lo avrei più aspettato. Così passò un altro anno. Arrivò la sera della prima. Kenneth mandò gli inviti ai miei genitori, a me e alla Michela. Era un’occasione da non perdere: a Londra per la prima di un film! Quando mai mi sarebbe capitata un’altra opportunità simile? Considerando il fatto che la mia attività stava crescendo a livello esponenziale e che l’evento sarebbe andato in onda sul canale cinema di un’importante rete televisiva, la pubblicità era assicurata. La palestra aveva giovato rassodando nei punti giusti così optai per un vestito di seta rossa lungo, senza maniche con uno scollo a barchetta sul davanti molto casto ma che lasciava la schiena completamente nuda. Raccolsi i capelli in un chignon e mi feci truccare da una professionista ed, ovviamente, tacco dodici. Non ero niente male. Ci vennero a prendere due limousine, una per noi ragazze e una per mamma e papà, Kenneth aveva fatto le cose in grande. Non lo avevamo ancora visto: papà ci rassicurò dicendo che i posti erano proprio dietro a quelli di Kenneth e del resto del cast. Immaginate due ragazze di ventidue anni belle come il sole scendere da una limousine alla prima di un film: eravamo frastornate e abbagliate. Quando ci aprirono la portiera e uscimmo dall’auto i paparazzi iniziarono a scattare foto; erano letteralmente in visibilio: due perfette sconosciute tirate a lucido che non si fermavano a parlare con loro. Vi ho detto di come Michela fosse perfetta? Lei è sempre stata più minuta di me e leggermente più bassa così opto per un vestito corto color panna stile anni trenta con trucco e parrucco dell’epoca. Era perfetta. Attraversammo il red carpet come se ci fossimo nate sopra. Non posso parlare per Michela ma in quel momento era tanta la mia voglia di dire che credo avrei camminato sui trampoli senza perdere l’equilibrio. In fondo all’atrio, in prossimità della sala scorsi mio padre abbracciare Kenneth ed in quel momento lui mi vide: mi vide davvero, per la prima volta in vita sua. Vide Melania, la donna che ero e quella che sarei diventata. Ero bella e raffinata e mi sentivo invincibile. Scesi i gradini con la grazia di una dea ed il cuore che pompava a mille. Ah Michela, vi ho già detto quanto l’adori? Si, avevo studiato l’inglese: voi perdereste l’opportunità di parlare con due dei vostri attori preferiti?! Parlammo ancora un po’ poi fummo chiamati in sala: lo spettacolo stava per iniziare. Nel momento esatto in cui Kenneth apparve in scena tutti quelli che mi circondavano sparirono: eccolo lì, l’amore della mia vita in formato gigante intento a dichiarare il suo amore disperato al mondo. Cosa mi impediva di diventare Jane e di immaginare che stesse parlando con me? “Voi...voi, piccolo essere strano e quasi non terreno! E' voi che amo come la mia stessa carne. E a voi...povera e oscura, piccola e semplice come siete...rivolgo la preghiera di accettarmi come marito.” La scena finale fu uno strazio e lì capii: non avrei mai smesso di amare Kenneth, non era una cotta, non era un capriccio. Era amore, quello vero, quello dei libri: sofferto come quello di Jane Eyre, romantico e divertente come quello di Orgoglio e Pregiudizio. Arrivati ai titoli di coda lui si girò verso di me e mi guardò così intensamente che mi mancò il respiro: mi amava anche lui tanto quanto lo amavo anch’io. Ma subito si voltò. Non si sarebbe mai dichiarato: la differenza di età e l’amicizia con mio padre erano per lui ostacoli insormontabili. Si accesero le luci: scrosci di applausi e standing ovation: Kenneth era consacrato, io potevo solo guardarlo da lontano. Ancora una volta lui aveva deciso di voltarmi le spalle. Patetica vero? Forse, ma cosa avreste fatto voi al mio posto? Non l’ho aspettato. Ho avuto le mie esperienze e avrei continuato ad averle; semplicemente io appartenevo a lui, il mio profondo era suo, sul mio cuore e sulla mia anima c’era scritto Kenneth e così sarebbe stato sempre. Gli altri si sarebbero accontentati della superficie di Melania. Andammo alla festa della produzione senza mamma e papà che optarono per una ritirata strategica in hotel. Fu una bella serata ed io mi divertii molto, soprattutto con Jonathan, nel terrazzo del ristorante…dietro non so più quale pianta… Ok, potevo evitarmela, me l’ha detto anche Michela, ma consideriamo i fattori: attore, figo, senza impegno, champagne a fiumi e cuore spezzato. Grazie. Comunque alla fine tornammo in hotel stanche e leggermente alticce. Decisi di farmi una doccia prima di mettermi a letto così quando bussarono alla porta, pensando fosse Michela, andai ad aprire in mutandine e basta. Vi ricordate il vestito? Non potevo mica indossare il reggiseno! Peccato fosse Kenneth molto molto arrabbiato. Mi infiali l’accappatoio, poi mi riebbi: >E’ diverso Melania…> Mi afferrò per le spalle e mi baciò spazzando via qualsiasi cosa: mi aggrappai a lui come se ne andasse della mia vita. Mi divorava le labbra e l’anima. Era un bacio disperato, appassionato. Mettemmo in quel bacio tutti i nostri sentimenti: l’amore, la rabbia, la frustrazione. Fu un lento e straziante addio, quasi non mi accorsi di quando se ne andò portandosi via la parte più viva di me."

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